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12/10/2022

SERGIO FERRARI
La memoria solidale, senza età né frontiere
“El Periscopio” presenta “Grand Hotel Coronda” in italiano

 Sergio Ferrari, La Pluma, 13/10/2022
Tradotto da Fausto Giudice, Tlaxcala
Posso abbracciarvi forte? Con parole spezzate dall'emozione, Milena, una ragazza di 18 anni dai capelli tinti di rosso punk, si è avvicinata ai tre ex prigionieri politici del carcere di Coronda (Santa Fe, Argentina, anni settanta). Le sue radici messicane e la sua identità svizzera italiana hanno reso l'abbraccio quasi senza fine.

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Lacrime giovanili

Sono trascorsi appena 120 minuti di scambio presso la Scuola Commerciale della città di Bellinzona, capoluogo del Canton Ticino, l'unico della Svizzera dove l'italiano è lingua maggioritaria e ufficiale. Tre ex detenuti argentini, tutti intorno ai settanta, con un centinaio di giovani di non più di 18 anni e una decina di professori appena un po' più grandi dei loro studenti.

Era il 15 settembre, prima presentazione pubblica di Grand Hotel Coronda, versione italiana di Del otro lado de la mirilla,  un libro anonimo, collettivo, scritto da settanta ex prigionieri politici argentini, e ora pubblicato dalla prestigiosa casa editrice romana Albatros.

E nella bella sala conferenze della scuola ticinese non volò una mosca. Non ci sono stati Whatsapp fastidiosi o sguardi da dietro le quinte sui cellulari, come spesso accade quando la noia si impone all'interesse.

È possibile avvicinare generazioni separate da più di cinquant' anni? Possiamo immaginare che il cittadino comune europeo si interessi oggi a fatti vissuti mezzo secolo fa in un paese latinoamericano a più di 10 mila chilometri? Con queste domande esistenziali, i corondaes - come si autodefiniscono quelli che passarono per le segrete della dittatura argentina in quella città santafesina – partirono per un periplo sconosciuto portando con sé, con odore di inchiostro fresco e pelle di cartone, il nuovo figlio appena nato.

L'emozione si impose. La forza del racconto sulla brutalità repressiva ha irrigato in quell' anfiteatro svizzero un dialogo quasi sublime: gli studenti hanno bombardato gli “esponenti” con un interrogatorio tanto fine quanto pertinente. “Come capire che la lotta per la democrazia e per un paese più giusto possa portare giovani della nostra stessa età a situazioni limite come quelle vissute nel carcere di Coronda, così come in tanti altri centri di detenzione argentini e latinoamericani? Perché vi hanno arrestati? Avete pensato molto alla possibilità di morire proprio lì? Che cosa avete fatto il primo giorno di libertà?”. Intercalata, qualche riflessione che non si aspettava risposta: “Ci commuove che veniate a condividere tutto ciò che per noi è così sconosciuto, ma che è così vitale per qualsiasi società umana”.

Un team della televisione pubblica svizzera italiana ha coperto le due ore di interscambio. Era la Giornata Internazionale della Democrazia: l'occasione ideale per un servizio speciale. Il reportage di quattro minuti trasmesso sul telegiornale quello stesso pomeriggio è stato sconvolgente :

 

Il servizio inizia alle 16:07

Il microfono è stato aperto sia ai vecchi corondaes che ai giovani studenti. La telecamera si è concentrata anche su Barbara, l'insegnante che ha organizzato l'incontro, e si sono sentite le sue parole finali: “A nome della nostra scuola e dei nostri studenti, vogliamo ringraziarli per averci dedicato il vostro tempo e, soprattutto, per aver condiviso un pezzo della vostra vita con noi. Il vostro racconto ci ha aperto una pagina di storia dolorosa, ma ci ha anche mostrato quanto sia importante credere in un progetto per il quale bisogna lottare in questa Giornata Internazionale della Democrazia, quanto sia importante affrontare tutti coloro che vogliono distruggere queste idee e i diritti essenziali che le danno senso e la fondano”.

Correre per non dimenticare

“Corsa a staffetta tra le generazioni argentine e latinoamericane che continuano a passarsi il testimone della memoria”, hanno sostenuto gli anziani ex prigionieri, solo poche ore dopo, ora nelle strutture della Casa del Popolo, sede di sindacati e organizzazioni sociali. Ma lo stesso scenario: una nuova ondata di gente che ascoltava attentamente, con emozione contenuta. “Il vostro periscopio (una minuscola invenzione artigianale), che vi ha permesso di controllare le guardie di Coronda, è anche una sorta di specchio della nostra anima solidale sotto queste latitudini. Riflette i dolori, ma anche la forza della resistenza umana per sopravvivere ed esistere”, riflette Denise, una giovane donna con capacità diverse, dalla sua sedia a rotelle e con una voce appena udibile. Le sue parole con accento europeo e dalla sua stessa anima sofferente giunsero come una carezza al cuore.

I 60 esemplari di Grand Hotel Coronda previsti per le prossime quattro presentazioni sono evaporati in pochi secondi appena terminata la prima attività pubblica. Tutto esplode. Tutto commuove. La storia dell'Argentina galleggia. E i vecchi corondaes insieme a lei.

Alla testimonianza a Bellinzona seguirono Biasca, Lugano e la Biblioteca Popolare LaFilanda di Mendrisio, città nel sud elvetico, quasi a sfiorare il confine italiano.


Pontasserchio

  

 Pavia



Bologna

La corsa a staffetta che si trasforma in vera e propria maratona. Percorre la Casa Comunale di Parma; l'Istituto Storico Parri della resistenza partigiana di Bologna; la sede centrale della CGIL  di Pavia; il Negozio del Terzo Mondo di Livorno; il Circolo Culturale Arci di Pontasserchio, vicino a Pisa e, infine, una libreria solidale di Sassari nella remota Sardegna.

Spazi tutti dove si incatenano più racconti, più testimonianze, più memoria-verità-giustizia. Passione o ossessione, poco importa come definirla. Una goccia in più di quell' enorme e faticoso flusso di lavoro collettivo che si sta facendo in Argentina da decenni per mano di Madri e Nonne. E che tanta sana invidia crea in molti dei partecipanti che a centinaia  hanno accompagnato la nascita del Grand Hotel Coronda nell'Europa di lingua italiana.


Roma

Come le cattedrali romaniche

Tutte le strade portano a Roma, dice il proverbio. E il periplo del Grand Hotel Coronda in questa prima fase di presentazioni - che proseguirà in ottobre in diverse città toscane e sarde, e all'inizio del prossimo anno a Pisa e dintorni, a Bari, così come nel nord della penisola - non poteva non transitare per la “Città Eterna”.

Lì, nella Casa Argentina della capitale italiana, è caduto il sipario di questa prima tappa, rincalzato da militanti argentini e italiani di solidarietà, ex prigioniere politiche del carcere di Villa Devoto residenti in Italia e difensori dei diritti umani. Presenti, inoltre, quasi la metà delle 30 persone che, dall'Argentina, Svizzera, Francia e Italia, insieme all'Associazione El Periscopio, sono state gli artefici del libro e promotrici del suo lancio.

“Molta emozione, enorme gratitudine, riconoscimento incondizionato”, ha detto dal palco Enrico Calamai, che negli anni Settanta ha servito come diplomatico italiano a Buenos Aires, e dal suo posto consolare, correndo rischi infinti, ha salvato la vita di centinaia di militanti perseguitati dalla dittatura.

“È una grande lezione di umanità. Sento molto calore umano e la forza di un'opera collettiva che mi ricorda le cattedrali romaniche, costruite da esseri anonimi, impegnati”, ha sottolineato Calamai, a cui il governo argentino ha conferito nel 2004 la Croce dell'Ordine del Libertador San Martín nel grado di Commendatore.

Vibra Calamai. Interpreta, interroga e dialoga con il pubblico. Di nuovo l'emozione che avvicina testimonianze - che hanno bisogno di continuare ad esistere e che esigono sempre di farsi parola. Questo nuovo figlio della memoria sta già iniziando a camminare. Un compito in più per gli ex prigionieri politici di un continente affamato di giustizia, con l'eco della riflessione e della costruzione collettiva. Come dicono loro: “I nostri racconti sono una goccia d'acqua nel grande mare della memoria del combattimento umano, unico, per un Altro Mondo Possibile. Quel mondo dove ci stiano tutti i mondi. Questa lotta imprescindibile, che abbracci tutti i sogni e le utopie”.


 

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