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16/09/2023

GREGORIO CARBONI MAESTRI
Lettera aperta all’ANPI su una mostra glorificando il Battaglione Azov

Gregorio Carboni Maestri, settembre 2023

Stimati associati, compagni e amici dell’Associazione nazionale partigiani d’Italia, ANPI,

In questi giorni di significativi anniversari—l’ottantesimo dell8 settembre 1943, che segnò l’inizio simbolico della Rivoluzione partigiana in Italia e della liberazione del Dombass dall’occupazione nazifascista—è con profondo sgomento che sono venuto a conoscenza del tacito sostegno da parte dell’ANPI della Provincia di Milano a una mostra dal titolo "Occhi di Mariopoli – Uno sguardo negli occhi dei difensori di Mariopoli".[1] Questa esposizione, allestita in Via Dante e nel Museo del Risorgimento, è patrocinata dal Comune di Milano e dalla Zona 1 e riguarda il battaglione Azov, noto per le sue posizioni nazifasciste, antisemite e ultranazionaliste.[2] È stato organizzato e promosso con l’aiuto delle associazioni Azov One e dalla Kvyatkovskyy Family Foundation, entrambe affiliate al suddetto battaglione, come parte della loro campagna per "ripulire" la reputazione di questa unità controversa.


 Nella mostra oggetto di discussione, è stato fatto un tentativo deliberato di nascondere il logo del Battaglione, che era invece visibile nell’edizione della mostra presentata a Leopoli. Questo atto consapevole da parte degli organizzatori evidenzia ulteriormente la problematicità della mostra. Come ha chiaramente espresso l’ANPI di Porta Genova (Milano), le immagini esposte mettono in primo piano le forze militari anziché documentare le sofferenze delle popolazioni oppresse dalla guerra. Inoltre, queste immagini fanno uso di simbolismi che evocano regimi e periodi storici oscuri.

È fondamentale evidenziare che il battaglione Azov trae le sue radici dalle milizie neofasciste affiliate a Pravy Sektor  [Settore destro], che sono state successivamente incorporate legalmente nelle forze armate ucraine.[3] Il simbolo che identifica questo battaglione è l’amo per lupi, un emblema che fu inizialmente associato al Partito Nazista prima della sua adozione della svastica. Tale simbolo è stato successivamente incorporato nell’insieme di simboli runici utilizzati dalle S.S. ed è stato anche adottato da otto divisioni della Wehrmacht, inclusa la 2ª Divisione Panzer S.S. "Das Reich". Va notato che anche il Partito Social Nazionalista Ucraino - Svoboda ha fatto uso di questo simbolo distintivo.[4]

L’immagine emblema della mostra, una fotografia in bianco e nero, è un ritratto di Denys Prokopenko, un comandante del battaglione Azov noto per le sue ideologie suprematiste bianche.[5] Prokopenko ha intrapreso la sua carriera militare inizialmente nel "Club dei ragazzi bianchi", un gruppo ultras neonazista, per poi unirsi alla divisione Borodach. Quest’ultima è distintiva per l’utilizzo del simbolo nazista del "Testa di morto" e tibia incrociate. Prokopenko rappresenta solo uno dei tanti membri controversi di questa unità paramilitare, i cui seguaci sfoggiano tatuaggi che fanno riferimento a simbologie razziste, suprematiste, omofobe, antisemite e nazifasciste.[6]

Il battaglione Azov è stato coinvolto in atti spaventosi di crudeltà e illegalità, inclusi stermini, deportazioni e la soppressione completa di libertà e dignità umana. Hanno persino praticato crocifissioni e morti sul rogo.[7] Contrariamente alla narrativa veicolata dalla mostra in questione, i membri del battaglione Azov non sono dunque eroi ma piuttosto assassini crudeli e vigliacchi. La loro prigione segreta, conosciuta come "La Biblioteca" era situata nell’aeroporto di Mariopoli sotto la gestione dell’SBU, un luogo di tortura e assassinio per miliziani delle repubbliche popolari del Donbas, comunisti, antifascisti e antimaidanisti.[8] Un luogo che evocava tristi somiglianze con lo Stadio nazionale di Santiago del Cile.[9] In un contesto simile, sarebbe stato accettabile ospitare una mostra su Pinochet e i suoi esecutori in Via Dante o al Museo del Risorgimento nel 1973? Per illustrare l’ampio disagio suscitato e le contraddizioni esplose con questa mostra, va notato che il quotidiano La Stampa di Torino ha modificato in modo significativo il titolo di un suo articolo a essa relativo. Il titolo originale, "[…] la mostra in centro sui neonazisti del Battaglione Azov," è stato successivamente cambiato in "[…] la mostra sulla resistenza ucraina a Mariupol," smorzando così il carattere controverso dell’evento.[10]

L’esposizione ha suscitato un diffuso dissenso da diverse componenti sociali, tra cui il pubblico generale, gruppi associativi e formazioni politiche. Un numero significativo di persone ha inviato email di protesta all’ente comunale, e nei giorni più recenti sono state pianificate manifestazioni a cui hanno partecipato centinaia di individui, tutte con l’obiettivo di esprimere opposizione all’esibizione e richiederne la chiusura.

Incredibilmente, tramite un post, l’ANPI Provinciale di Milano ha deciso invece, in maniera autonoma, di appoggiare questa mostra. Tale scelta è in palese disaccordo con le linee guida dell’ANPI a livello nazionale e contrasta con i valori essenziali della Resistenza antinazifascista. Ecco il testo:


Mostra in via Dante. L’Anpi di Milano ha sempre espresso ed esprime la propria solidarietà e vicinanza alla Resistenza del popolo ucraino contro l’invasione della Federazione russa, in aperta violazione del diritto internazionale e del principio dell’autodeterminazione dei popoli. La mostra esposta in via Dante é al centro in questi giorni di polemiche e reazioni, per la scelta improvvida di alcune immagini. Dopo questi due anni di guerra crediamo sia indispensabile avviare trattative di pace, pace che deve essere giusta e duratura e che garantisca la sicurezza di tutti i popoli. Roberto Cenati — Presidente Anpi Provinciale di Milano

In qualità di membro dell’ANPI, sezione di Bruxelles, nipote del partigiano Pierino Carboni, padre di una figlia di origini ebraiche, figlio di un esiliato vittima del golpe orchestrato dalla C.I.A. in Cile e omosessuale, sono profondamente turbato da questa decisione. La trovo ripugnante e in netto contrasto con i principi statutari della nostra associazione.[11] Questa scelta va diametralmente contro i valori dell’antifascismo e della Resistenza, che l’ANPI è chiamata a preservare come un faro nella notte. È di cruciale importanza che l’ANPI preservi la sua indipendenza da interferenze politiche e amministrative, rimanendo un’entità autonoma e libera. Non possiamo permettere che le variazioni delle simpatie partitiche o l’influenza degli enti locali compromettano i nostri ideali e la nostra missione. In tale ottica, non è accettabile che una sezione locale dell’ANPI oscuri o metta da parte i nostri valori fondamentali.

A tal fine, invito Roberto Cenati, presidente dell’ANPI provinciale di Milano, ad agire con la massima trasparenza, fornendo una lettera di scuse e spiegazioni dettagliate sulle ragioni dietro questa decisione così controversa. È vitale comprendere le motivazioni e i processi decisionali che hanno portato a questa situazione, e quali passi saranno intrapresi per correggerla. Voglio sottolineare che le mie parole rispecchiano i sentimenti di numerosi membri che, pur restando in silenzio, sono profondamente turbati dalle incoerenze recenti che hanno danneggiato la reputazione e l’integrità dell’ANPI. In questo, ribadisco il mio totale dissenso verso questa scelta, che rischia di compromettere l’essenza stessa della nostra associazione.

Vorrei sottolineare un punto cruciale del post di Cenati: mentre è doveroso esprimere assoluta solidarietà alla popolazione ucraina tutta e ripetere il grido di “PACE!”, è fondamentale ricordare il sacrificio di migliaia di partigiani antifascisti attivi nelle Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk sin dal golpe di Maidan nel 2014.[12] Senza alcun aiuto, lasciati soli dagli stessi russi, questi individui hanno resistito ogni giorno a soprusi e crimini, inclusi bombardamenti su civili. Questi attacchi hanno particolarmente devastato le vite di bambini, anziani, donne e altri cittadini innocenti nelle regioni del bacino del Donez, e presso la città di Mariopoli. In molti casi, le atrocità sono state perpetrate dal battaglione Azov. In questo contesto, sarebbe più appropriato esprimere solidarietà a tutte le vittime di questo intricato scenario, raccontando la storia per intero, o, in alternativa, stare zitti.

Mi sorprende che Roberto Cenati, che per oltre un decennio non ha mai parlato delle gesta dei Resistenti antifascisti, partigiani quasi disarmati, delle regioni del bacino del Tanai Minore, scelga di parlare di “Resistenza” in occasione di una mostra che glorifica un battaglione nazifascista. Chiedo dunque vivamente l’organizzazione di sessioni di studio all’interno delle varie sezioni dell’ANPI e la convocazione di un dibattito nazionale, aperto e trasparente su tali temi per non incorrere più a tali confusioni. Questo dibattito è vitale per affrontare questioni che abbiamo evitato sin dall’inizio di questa fase storica. La discussione non dovrebbe limitarsi alla natura del battaglione Azov; è fondamentale esaminare anche il fatto che le nostre resistenze antifasciste non possono essere equiparate a forze che utilizzano simbolismi nazisti e commettono atti atroci. In questa categoria includo non solo il battaglione Azov, ma anche altre organizzazioni parallele con inclinazioni estremiste, come il Settore destro.

Cari soci, simpatizzanti e amici dell’ANPI, non lasciamoci intimidire dall’attuale clima bellicista e dalla propaganda che domina i media di massa. Ricordiamo l’effetto nefasto di simili cappe di consenso e autocensura durante il periodo dei regimi di Mussolini e Hitler, quando l’aspirazione alla pace era etichettata come "nemica del popolo".[13] Come mi ha ricordato una bimba durante una lettura di libri dell’infanzia dedicati alla storia della Rivoluzione partigiana il 25 aprile 2022: “i partigiani hanno fatto la resistenza perché volevano la pace,” e, aggiungerei: “un’Italia democratica e antifascista”. Quindi, poniamoci la questione: in che modo queste nobili aspirazioni possano essere messe in parallelo con l’attuale governo di Vladimir Zelensky, noto, come tutti i governi del post-Maidan, per la chiusura di sindacati, la messa al bando di partiti, l’arresto di antifascisti, la persecuzione di sindacalisti, la condanna di pacifisti e oppositori, senza alcun processo, e per aver fatto scomparire militanti e giornalisti a migliaia?[14] La risposta è chiara: non c’è alcuna correlazione. Dobbiamo quindi evitare di tracciare paralleli superficiali e imprecisi da qualsiasi angolazione li si guardi, senza nulla togliere al doveroso appoggio morale alle popolazioni vittime di questa guerra per procura.

Su una nota dolorosamente personale, ribadisco che il silenzio o l’omissione su tali temi sono, in questo contesto, atti di codardia. Come ricercatore e come docente, come uomo di passate e presenti battaglie, come figlio degli ultimi anni della dittatura in Brasile, non ho intenzione, quando sarò anziano, di guardarmi indietro e annoverare, tra i miei peccati, il silenzio o la complicità con forze nazifasciste. Sento che c’è una palpabile tensione e timore su questo tema tra giornalisti, intellettuali, accademici, politici, studenti, pacifisti, militanti antifascisti e cittadini comuni. Questa situazione, invece di indurci al silenzio, dovrebbe spingerci verso un dibattito aperto, rigoroso e costruttivo, basato su dati scientifici, fatti concreti e ragionamenti razionali, e non su messaggi propagandistici da parte degli attori coinvolti in questa guerra o su illusorie aspirazioni di chi desidera vendicare vecchi conti lasciati irrisolti dalla Seconda Guerra Mondiale. Sono dispute macabre che rischiano di trascinare l’Italia in un vicolo cieco. Invito quindi coloro che esitano a parlare apertamente per timore di possibili ripercussioni sulla propria carriera, messe al bando o ritorsioni, ad agire con coraggio. È fondamentale che ci esprimiamo in nome della pace e del futuro dei nostri figli e nipoti. L’attuale contesto politico non ci garantisce quanto tempo avremo a disposizione per invocare questo armistizio, e perciò oggi più che mai è cruciale dimostrare coraggio.

Infine, é sconcertante che il Comune di Milano, città simbolo della Resistenza e liberata dai partigiani, la quale ha ricevuto la medaglia d’oro per la Resistenza, scelga oggi di ospitare una mostra che in pratica costituisce un elogio al nazismo. Questa decisione è ancor più grave poiché va contro la legalità costituzionale italiana che condanna ogni forma di apologia al fascismo. Mostre come queste non dovrebbero essere promosse senza un’accurata verifica preventiva. Il sindaco Giuseppe Sala, noto per la sua attenzione ai diritti civili, aveva precedentemente assicurato che gli spazi pubblici del Comune sarebbero stati concessi esclusivamente a iniziative antifasciste.[15] Alla luce di questa mostra, l’antifascismo del sindaco appare ora come puramente di facciata.

La brigata Azov, di ispirazione nazista, non merita l’attenzione e lo sguardo di Milano; anzi, andrebbe condannata senza esitazione. Auspico che questa mostra sia prontamente rimossa e che vengano offerte le dovute scuse pubbliche. Ciò che è in gioco con questa esibizione e con il sostegno ad essa da parte di ANPI-Milano non è solo la tutela della memoria storica, ma anche l’integrità morale della nostra associazione. In qualità di custodi della coscienza collettiva, abbiamo il dovere di rimanere all’erta. La storia, per quanto possa essere dolorosa, rappresenta il miglior insegnamento che possiamo avere. Non lasciamo che diventi una narrazione basata su versioni distorte e convenienti dei fatti.

Ai tanti professionisti dei media di alta reputazione o politici, che suggeriscono che il Battaglione Azov non sia una formazione con ideologie naziste è opportuno rammentare l’operazione di smantellamento dell’organizzazione neonazista "Ordine di Hagal" da parte del dirigente della Digos, Antonio Bocelli. Questa cellula, come dichiarato dallo stesso Procuratore, aveva legami diretti e specifici in materia di addestramento con il "reparto estremista e nazista Battaglione Azov".[16]

Invito tutti i cittadini a inviare mail e lettere di protesta al Comune di Milano e alla Zona 1. Invito tutti i cittadini a boicottare in ogni modo questa mostra, in modo che una tale normalizzazione e sdoganamento del nazifascismo non abbia mai più luogo nel suolo sacro di Milano, bagnato dal sangue umile di migliaia di partigiane e partigiani. Fuori la guerra e il nazismo da Milano, dal mondo e dalla Storia!

Con tutto il mio rispetto e la mia preoccupazione,

Gregorio Carboni Maestri, Ph.D., architetto, docente e ricercatore universitario, ANPI Bruxelles

Aderiscono:

Adriana Mozzaia, impiegata, ANPI Latina “Severino Spaccatrosi”

Bertrand Terlinden, Ph.D. architetto, docente e ricercatore universitario, ULB Bruxelles

Carmela Martinelli, pensionata, ANPI Latina “Severino Spaccatrosi”

Cosimo Debenedictis, pensionato del Ministero della Pubblica Istruzione, ANPI Bruxelles

Cristina Scarfia, analista di diritto e politica europea, ANPI Bruxelles

Daniele Vitale, Ph.D., già professore Ordinario, Politecnico di Milano

Davide Barillari, ex consigliere regionale, Lazio, e cofondatore di Vita

Diego Altobelli, impiegato, ANPI Latina “Severino Spaccatrosi”

Elisa Poli, Ph.D., docente e storica dell’architettura, Milano

Florence Carboni, Ph.D., linguista, ANPI Sestri Ponente

Gianpietro Sinibaldi, ANPI Riva del Garda

Laura Berti, ANPI Latina “Severino Spaccatrosi”

Maria Concetta Checchini, pensionata, ANPI Latina “Severino Spaccatrosi”

Mário José Maestri Filho, Ph.D., storico, ANPI Sestri Ponente

Paolo Edoardo (Pardo) Fornaciari, filologo mediolatino e cantastorie, ANPI Livorno

Paolo Soldati, architetto, Milano

Sara Cinquegranelli, ANPI Latina “Severino Spaccatrosi”

Per adesioni: GregorioCarboniMaestri@gmail.com  



[1] Caroli, D. (2006). Partigiani sovietici nella Resistenza italiana: percorsi e memorie. Ancona : Il lavoro editoriale.

[2] — (2023-09-07). Milano, proteste per la mostra sul Battaglione Azov patrocinata dal Municipio 1. Rifondazione Comunista: “Sono neonazisti”. Il fatto quotidiano.

[3] Nicolosi, V. (2022-04-20). La guerra in Ucraina e i “nazisti bravi” del battaglione Azov. Micro-Mega.

[4] Bellezza, S. A. (2010). Il tridente e la svastica. L’occupazione nazista in Ucraina orientale. Milano: Franco Angeli.

[5] Melley, M. (2023-09-08). La bufera per la mostra sui difensori di Mariupol e quell'accusa di "nazismo". Milano today.

[6] Gautieri, S. (2022-03-25). Il battaglione Azov, «un insieme di violenti mercenari neonazisti». Ticinonline.

[7] Gromova, E. (2015-04-27). Ucraina crocifissa. Top war.

[8] [Polivox]. (2023-09-08). La "Biblioteka" la famigerata prigione segreta di Azov nell'aeroporto di Mariupol. [Video]. Youtube.

[9] Taviani, P. (2006). Il'73 tra Londra e Santiago. La fine del governo Allende e il colpo di stato nei documenti dell'ambasciata britannica. Contemporanea, 9(1), 65-98.

[10] — (2023-09-07). Polemica a Milano, estrema sinistra contro Sala e-mail bombing contro il comune per la mostra sulla resistenza ucraina a Mariupol. La Stampa.

[11] AA.VV. (2012-05-02). Statuto e regolamento ANPI. Roma: ANPI

[12] AA.VV. (2015-04-05). La crisi russo-ucraina: cronologia degli avvenimenti. Note di politica internazionale. Roma: Camera dei deputati, servizio studi XVII Legisltura

[13] Bonsaver, G. (2013). Mussolini censore: storie di letteratura, dissenso e ipocrisia. Bari: Laterza.

[14] Per ulteriori dettagli e approfondimenti sul tema trattato in questa lettera, si invita a consultare le risorse e le informazioni dettagliate fornite dal CoordinamentoUcraina Antifascista.

[15] — (2021-08-26). A Milano chi vuole affittare uno spazio pubblico deve essere antifascista. Milano today.

[16] Capacchione, R. (2022-11-28). L’Ordine di Hagal, i neonazisti no vax votati al martirio. L'Espresso.

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