Featured articles en vedette Artículos Artigos destacados Ausgewählte Artikel Articoli in evidenza

Affichage des articles dont le libellé est Svezia. Afficher tous les articles
Affichage des articles dont le libellé est Svezia. Afficher tous les articles

09/06/2023

FAUSTO GIUDICE
Annecy: un amok “nel nome di Gesù Cristo”

Fausto Giudice, Tlaxcala, 9/6/2023

Amok, parola derivata dal termine malese amuk che significa “rabbia incontrollabile”, si riferisce ad atti commessi da persone - di solito uomini - che vengono improvvisamente sopraffatti da una follia omicida e compiono attacchi all’arma bianca contro individui casuali in una corsa che generalmente si conclude con l'uccisione o il suicidio dell'assassino. Questa forma estrema di scompenso suicidario, osservata in Malesia e in altri paesi, è stata oggetto di innumerevoli studi etnologici e psichiatrici, opere letterarie - da Rudyard Kipling a Romain Gary e Stefan Zweig - e film (almeno 9 dal 1927).

 

L'accaduto sulle rive del lago di Annecy giovedì 8 giugno 2023 è un tipico caso di amok: Abdelmasih Hannoun, un siriano di 31 anni, ha accoltellato 4 bambini piccoli davanti alle loro madri inorridite, e poi due anziani. Un giovane, Henri, 24 anni, che passava di lì, ha cercato di fermarlo con il suo zaino, ma non è riuscito a farlo. È bastato questo per far sì che questo studente di marketing, attualmente impegnato in un tour delle cattedrali francesi, diventasse l'“eroe dello zaino” delle reti cosiddette sociali. La polizia è stata allertata ed è intervenuta, ponendo fine alla folle corsa, senza uccidere l'aggressore, ma sparandogli alle gambe.

“Allo stato attuale, non abbiamo prove che suggeriscano che ci fosse un movente terroristico”, ha dichiarato la procuratrice di Annecy Line Bonnet-Mathis durante un briefing con la stampa sulla scena 6 ore dopo. Poiché l'aggressore non era sotto l'effetto di alcol o droghe, le indagini si stanno orientando verso sua storia psichiatrica e sul suo stato psicologico. Gli inquirenti, che senza dubbio non hanno letto né Stefan Zweig né Émile Durkheim, avranno il loro bel da fare per spiegare l'accaduto.

Con il passare delle ore sono emersi dettagli su Abdelmasih Hannoun [traduzione letterale: servo misericordioso del Messia]: rifugiato in Svezia, dove ha sposato una donna svedese di Trollhättan conosciuta in Turchia, questo cristiano siriaco (“assiro”) di Hassake, nel nord-est della Siria, ha trascorso una decina d'anni in Svezia prima di divorziare e lasciare il paese. Ha presentato domande di asilo in Francia, Italia e Svizzera prima che la sua prima domanda di asilo in Svezia fosse finalmente accettata il 26 aprile 2023, il che ha portato al rifiuto della sua domanda in Francia, notificato il 4 giugno. Avendo ottenuto un permesso di soggiorno permanente in Svezia nel 2013, dal 2017 aveva presentato domanda di citaddinanza svedese, respinta per tre volte, nonostante avesse una figlia, oggi di 3 anni, e studiasse per diventare infermiere.

Durante il suo amok, il nostro servo del Messia ha gridato due volte: “Nel nome di Gesù Cristo” in inglese. Indossava una croce a ciondolo e, oltre al coltello, aveva con sé un libro di preghiere. Di conseguenza, la polizia non gli ha sparato alla testa, cosa che sarebbe avvenuta se avesse gridato “Allahu Akhbar”. Questo avrebbe risparmiato al Signor Ministro dell’ Interno Darmanin di scervellarsi su “coincidenze inquietanti” e avrebbe calmato “lo spavento che sta travolgendo il nostro Paese" (Aurore Bergé, capa del gruppo Renaissance dei deputati macronisti, la quale ha approfittato dell'amok savoiardo per denunciare la “battaglia degli straccioni” all'Assemblea nazionale sulla riforma delle pensioni).

Potremmo quindi aggiungere questa definizione al Dizionario dei luoghi comuni di Gustave Flaubert:

Amok: una forma di terrorismo quando l'autore è musulmano, un atto semplicemente spaventoso e inquietante quando l'autore è cristiano, anche se arabo e barbuto”.


 

02/10/2022

5 domande a Fausto Giudice, autore di “Joe Hill, in memoriam”

Milena Rampoldi, 12/7/2022

Come hai scoperto Joe Hill?

Ero un giovane immigrato in Svezia alla fine degli anni Sessanta. Erano gli "anni d'oro" della socialdemocrazia al potere, che dichiarava ogni dissenso come "devianza", da trattare con mezzi psichiatrici. Mi identificavo con i "dannati della terra" e trovavo la morale luterana imperante incomparabilmente ipocrita. Chi diceva di volere il bene del popolo aveva riscritto la storia, cancellando l'"altro movimento operaio", che aveva combattuto il capitale con mezzi tutt'altro che pacifici. Joe Hill era una figura leggendaria in questo cosiddetto "altro movimento sindacale". Nel 1970 mi ritrovai con qualche centinaio di emarginati come comparsa nel film di Bo Widerberg su Joe Hill nei quartieri meridionali di Stoccolma. Tutto quello che conoscevo di lui fino ad allora era la canzone che Joan Baez cantò a Woodstock. Joe Hill mi diceva che la classe operaia svedese non era sempre stata il pacifico pachiderma della rappresentanza socialdemocratica. E ho scoperto Anton Nilsson, "l'uomo dell'Amalthea". Questo operaio ventunenne, insieme a due compagni, aveva piazzato una bomba vicino a una nave chiamata Amalthea, ormeggiata a Malmö, che ospitava i crumiri inglesi importati dai padroni contro uno sciopero dei portuali, nel 1908. Anton Nilsson fu condannato a morte e la sua pena fu commutata in ergastolo a seguito di una campagna internazionale, condotta in particolare dall'International Workers of the World, il sindacato in cui Joe Hill era attivo negli Stati Uniti.

Cosa ci dice oggi Joe Hill?

Il suo messaggio essenzialmente consiste in due cose: 1. è possibile organizzare i più sfruttati, i più oppressi in modo intelligente ed efficace, adattando le forme di organizzazione alla realtà sociale di coloro che stanno "sotto", i migranti, le donne, i precari, i non qualificati, quello che fece IWW, evitando qualsiasi forma di burocrazia socialdemocratica. Ecco cos'è l'"altro movimento operaio", in contrapposizione ad apparati come la DGB tedesca, l'AFL-CIO yankee o la LO svedese: un movimento che si attiene alla realtà della classe, che è mobile, fluida e mutevole. 2 – si possono inventare forme di comunicazione popolari, creative, incisive e umoristiche. Le canzoni di Joe Hill ne sono un esempio meraviglioso.

C'è qualche Joe Hill oggi?

Non che io sappia. Alcuni rapper potrebbero esserlo, se scegliessero di cantare con e per i lavoratori che si stanno organizzando presso Amazon, McDonalds, Starbucks, Deliveroo, Uber e tutte le altre aziende del "nuovo capitalismo",  nuovo solo nelle sue forme.

Che cosa avrebbero fatto oggi Joe Hill e l'IWW?

Avrebbero organizzato gli "altri" lavoratori, camminando su due gambe: sul contatto fisico e su quello virtuale. È quanto sta accadendo, ad esempio, in Cina, dove i giovani lavoratori delle fabbriche mondiali, senza un sindacato che li difenda, utilizzano i social media per rivendicare i propri diritti e per organizzarsi.

Perché la collezione "Erga Omnes"?

"Erga Omnes", "Per tutti", era il motto dei ribelli schiavi guidati da Spartaco che misero a repentaglio la Repubblica romana tra il 73 e il 71 a.C. Questa collana si propone di pubblicare libri sulle grandi figure, a volte dimenticate, delle rivolte logiche – per usare le parole di Rimbaud - attraverso i secoli.

Comprare il libro Joe Hill, in memoriam

20/01/2022

SUZANNE O’SULLIVAN
Il mistero dei bambini “addormentati” della Svezia
Una neurologa indaga sulla “sindrome della rassegnazione” nei figli dei richiedenti asilo

Suzanne O’SullivanThe Sunday Times, 28/3/2021
Tradotto da Silvana Fioresi, Tlaxcala
 

Estratto dal libro The Sleeping Beauties: And Other Stories of Mystery Illness [“Le belle addormentate e altre storie di malattie misteriose”, non ancora tradotto in italiano], pubblicato in aprile 2021 presso Picador Editore.

Nel paese scandinavo, centinaia di giovani rifugiati sono caduti in uno stato di apatia generalizzata in questi ultimi vent’anni. Senza che nessuno riesca a capire perché. In loco, una conosciuta neurologa irlandese ha portato avanti l’inchiesta. 

Appena passata la soglia, mi sono subito sentita un’oppressione. Nola è sdraiata sopra a un letto, alla mia destra. Deve avere una decina d’anni. È la sua camera. Sapevo cosa mi aspettava, lo credevo, ma in realtà non ero pronta. Cinque persone e un cane sono appena entrati nella stanza, senza provocare nella ragazzina alcun minimo segno di reazione. Rimane perfettamente immobile, con gli occhi chiusi, si potrebbe dire tranquilla.

“È così da più di un anno e mezzo”, precisa la dottoressa Olssen, chinata su Nola per carezzarle dolcemente la guancia.

 

Djeneta, a destra, una rifugiata rom immobile a letto, senza reazioni da due anni e mezzo, e sua sorella, Ibadeta, da più di sei mesi, a Horndal, in Svezia, il 2 marzo 2017. Foto MAGNUS WENNMAN*

Sono a Horndal, in Svezia, un piccolo comune a 160 km a nord di Stoccolma. La dottoressa Olssen si occupa di Nola fin dall’inizio della sua malattia, conosce bene la sua famiglia. Tira le tende per lasciare entrare la luce e si volta verso i genitori di Nola: “Le bambine devono poter rendersi conto che è giorno. Hanno bisogno di sentire il sole sulla pelle”.

“Sanno che è giorno, risponde la madre, sulla difensiva. Le mettiamo sempre sedute fuori, di mattina. Le abbiamo rimesse a letto adesso perché sapevamo che venivate”.

Il petto che si gonfia è il suo unico segno di vita

Nola non è la sola ad occupare questa camera. Sua sorella Helan, più grande di lei di circa un anno, è anche lei sdraiata nel letto al piano inferiore del letto a castello, alla mia sinistra. Da dove mi trovo io, vedo solo la pianta dei suoi piedi. Il letto in alto, quello di suo fratello, è vuoto. Lui, non è malato: l’ho intravisto all’angolo di una porta, mentre andavo in camera. Se sono qui, è perché sono neurologa, specialista delle malattie cerebrali, e perché conosco bene il potere dello spirito sul corpo.

Mentre mi avvicino al letto di Nola, getto uno sguardo in direzione di Helan – a mia grande sorpresa la vedo socchiudere gli occhi, per guardarmi, un secondo, per poi richiuderli.

“È sveglia”, ho detto alla dottoressa Olssen.

“Si’, Helan è solo al primo stadio della malattia”.

Stesa sulle lenzuola del suo letto e pronta per il mio arrivo, Nola, invece, non manifesta nessun segno di coscienza. Indossa un vestito rosa e dei collant a quadri neri e bianchi. Ha i capelli spessi e brillanti, ma un colorito pallido. Il rosa delle sue labbra è spento, leggermente slavato. Le sue mani sono appoggiate una sull’altra sul suo ventre. Ha l’aria serena, come la principessa che ha dato un morso alla mela avvelenata. Unico segno incontestabile della sua malattia, la flebo tramite sonda nasogastrica il cui tubicino, inserito nel naso, è incollato alla guancia grazie a un cerotto. Unico segno di vita, il suo petto che sale e scende, piano piano.

Un processo lento di chiusura in sé stessa

Mi inginocchio vicino al suo letto per presentarmi a lei. Anche se non mi sente, so per certo che non capirà quello che dico: Nola conosce solo qualche parola d’inglese, e io, per quanto mi riguarda, non parlo né lo svedese né il curdo, la sua lingua materna – spero tuttavia di rassicurarla grazie al tono della mia voce.

Oltre a Nola e a Helan, diverse centinaia di casi di bambini “addormentati” sono stati individuati in Svezia da vent’anni a questa parte. Secondo quanto si dice, il fenomeno sarebbe comparso negli anni ‘90, ma il numero di bambini interessati è aumentato col cambio del secolo. Solo tra il 2003 e il 2005 sono stati contati 424 casi. Da allora ne sono apparsi altre diverse centinaia. Se il fenomeno riguarda maschi e femmine, queste ultime sono leggermente più numerose.