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13/06/2023

PAOLO PERSICHETTI
Berlusconi, il ‘68 dei padroni e l’edonismo proprietario

Paolo Persichetti, l’Unità /Insorgenze, 12/6/2023

 Cosa è stato il berlusconismo? Come è riuscito ad imporre la sua egemonia? «Goffamente astuto, furbescamente ingenuo, balordamente sublime, superstizione calcolata, farsa poetica, anacronismo genialmente sciocco, buffonata della storia mondiale, geroglifico inesplicabile», l’apparente inconsistenza del personaggio berlusconiano si è rivelata in realtà un suo punto di forza: «Appunto perché non era nulla, egli poteva significare tutto», come capitò di scrivere a Marx a proposito di un altro «uomo della provvidenza (Louis-Napoléon Bonaparte)», ed essere così reinventato da ogni ceto sociale o individuo a propria immagine e somiglianza

Pranzo natalizio a Villa San Martino (Arcore), 2011


Fin dal momento della sua entrata diretta in politica, nel lontano 1994, il dispositivo Berlusconi ha agito come un grande diversivo, un potentissimo magnete capace di captare su di sé passioni contrapposte. Una sorta d’incantesimo che ha permesso al padrone della televisione commerciale di collocarsi da subito al centro della scena scompaginando gli schieramenti, rimescolando le carte, sparigliando il tavolo da gioco. Forse solo riconoscendo questa sua irresistibile capacità illusionistica si può riuscire a spiegare anche l’essenza contraddittoria, quella combinazione di contrari che è l’antiberlusconismo.

Solo in questo modo si riesce a comprendere perché personaggi della destra storica, come Indro Montanelli o populisti di destra come Antonio Di Pietro siano diventati dei paladini del popolo della sinistra, oppure un damerino reazionario come Marco Travaglio abbia potuto ispirare prima le correnti giustizialiste della sinistra, dai girotondi al popolo viola, e poi i Cinque stelle.

Sicuramente Berlusconi ha saputo intercettare e interpretare a modo suo quel nuovo spirito del capitalismo descritto da Luc Boltanski e ève Chiappello in un volume pubblicato da Gallimard nel 2000 e arrivato in Italia solo nel 2014 con Mimesis (Il nuovo spirito del capitalismo). Versione italiana di quella nuova etica della valorizzazione del capitale che, secondo i due sociologi, dopo l’originaria fase puritana e la successiva età della programmazione e della razionalità fordista, ha trovato nuova fonte d’ispirazione e legittimazione in una parte delle critiche rivolte al modo di produzione capitalista durante la contestazione degli anni Settanta. La critica al taylorismo fordista, all’alienazione seriale del lavoro, ai rapporti di società rigidi e gerarchizzati e alla società dello spettacolo, sono state assorbite e metabolizzate fino a fare della creatività e della flessibilità i tratti salienti del nuovo sistema dell’economia dei flussi, del valore aggiunto, del lavoro immateriale incamerato nel prodotto finito. Inventiva, piacere e pazzia – sempre secondo l’analisi di Boltanski e Chiappello – sono diventati ingredienti del successo capitalista molto più dei costipati valori del lavoro, della preghiera e del risparmio che ispiravano gli albori del capitalismo ma anche quella sorta di calvinismo del valore lavoro di cui era intriso il togliattismo.

Se l’immaginazione non è mai arrivata al potere, sicuramente ha trovato posto in piazza Affari. Dimostrazione della capacità dinamica e innovativa dell’«imprenditoria deviante», secondo una categoria forgiata dalla sociologia criminale. L’ambivalenza del comportamento berlusconiano, condotta all’interno e all’esterno dell’ordine stabilito, ha permesso di condurre esperimenti, d’esplorare possibilità anche illegittime. Risorsa necessaria affinché l’iniziativa economica innovativa potesse avere luogo. In questo modo l’uomo di Arcore ha mantenuto «una distinta leggerezza che ha consentito alle sue imprese, in maniera weberiana, di levarsi al di là del bene e del male», come ha scritto Vincenzo Ruggiero in, Crimini dell’immaginazione. Devianza e letteratura, il Saggiatore, Milano 2005.

Il patron della pubblicità con le sue televisioni è stato il volto italiano di questa rivoluzione del capitale. Con la sua abilità nel produrre ideologia è riuscito a sintetizzare anche interessi e spinte sociali diverse ma accomunate da un’ipertrofica rapacità individualista. Venditore di sogni e d’illusioni, spacciatore di marche, dealer di un mondo ridotto al dominio del logo e delle sue imitazioni. Divenuto sistema-mondo, occupata la società, a Berlusconi mancava solo la politica. Non la politica vera. Quella l’aveva sempre fatta, come una volta vantò in una intervista. La sua rete commerciale non era altro che un partito di tipo leninista. L’unico rimasto. Il partito dei professionisti della pubblicità. Una struttura di quadri selezionati, radicati nel territorio e nei distretti economici, con rapporti diffusi e alleanze con le corporazioni, le organizzazioni di categoria e gli imprenditori legali e illegali. Un vero modello d’organizzazione bolscevica della borghesia. Ed difatti, alla fine del 1993, in pochi mesi riuscì a farne la struttura portante di Forza Italia per lanciare l’attacco alla cittadella della politica-istituzionale, all’occupazione della macchina statale. Grazie ad una scientifica attività lobbistica e alle protezioni ottenute da settori influenti della politica, più che alla capacità di stare sul mercato, ha potuto costruire negli anni Ottanta la sua posizione dominante nel settore delle televisioni commerciali e della raccolta pubblicitaria.

Ma a spianare la strada al suo ingresso diretto nel mondo dei palazzi romani è stato il tracollo del sistema politico dei partiti provocato dalle inchieste giudiziarie. Quando sulle ceneri della Prima Repubblica rivaleggiavano ormai forme contrapposte di populismo, Berlusconi è riuscito a sconvolgere la scena politica del paese sradicando la tradizione dei partiti di massa già in crisi e imponendo il proprio modello anche ai suoi avversari. In grado di miscelare elementi elitari e plebiscitari, premoderni e ipermoderni, quello berlusconiano è apparso un modello di populismo dove vecchio e nuovo s’integravano. Sorretto dal ritorno all’affermazione della leadership carismatica e provvidenziale, nella quale il potere patrimoniale sostituisce la vecchia legittimità paternalista-patriarcale, il paradigma berlusconiano ha accompagnato l’elogio dell’imprenditorialità diffusa dentro la quale riescono a convivere anche forme arcaiche e bestiali di taylorismo. Il sogno e l’inganno di milioni di piccole imprese, nuova configurazione di un rapporto lavorativo che occulta dietro il mito dell’imprenditorialità individuale le gerarchie di un nuovo modello di sfruttamento. Illusione di un facile accesso al ceto medio e all’arricchimento personale modellato con i valori profusi dalle televisioni commerciali, tra gossip, cronaca nera, veline e reality show.

Esaltazione retorica e sognatrice dell’autoaffermazione individuale, della proprietà (tanto più quando questa è insignificante e si riduce ad un’abitazione o un’automobile acquistata contraendo mutui bancari pluridecennali o alla conversione dei propri risparmi in bond e partecipazioni in titoli finanziari). Ideologia che riesce a far convivere con un mirabile gioco di prestigio temi legati alla riscoperta dei valori morali, come patria, famiglia e presunta etica della vita (ostilità verso l’aborto e l’uso delle staminali), insieme ad una sorta di sfrenato “edonismo proprietario”, di ’68 dei padroni (il “bunga bunga”).
«Goffamente astuto, furbescamente ingenuo, balordamente sublime, superstizione calcolata, farsa poetica, anacronismo genialmente sciocco, buffonata della storia mondiale, geroglifico inesplicabile», l’apparente inconsistenza del personaggio berlusconiano si è rivelato in realtà un suo punto di forza: «Appunto perché non era nulla, egli poteva significare tutto», come capitò di scrivere a Marx a proposito di un altro «uomo della provvidenza», ed essere così reinventato da ogni ceto sociale o individuo a propria immagine e somiglianza. Tutto ciò come è stato possibile?

Quando la società dei lavoratori e dei cittadini volontari è messa fuori gioco, ha risposto Mario Tronti: «la politica diventa il monopolio dei magistrati, dei grandi comunicatori, della finanza, delle lobby, dei salotti. Cessa di essere la sede in cui i progetti di società si affrontano e confrontano e diventa il luogo dell’indifferenza, uno spazio indistinto dove l’apparenza prevale sul contenuto, l’estetica s’impone sulla sostanza». Per questo l’antiberlusconismo giustizialista non solo si è rivelato inefficace ma si è addirittura dimostrato dannoso riverberandosi unicamente come riflesso subalterno del suo acerrimo nemico spianando la strada al governo della destra fascista.

2008  


2011

2023

19/09/2022

ANNA DI GIANANTONIO
La diétrologie* sur l'affaire Moro et les questions sans réponse
Recension du livre La police de l'histoire, de Paolo Persichetti

Anna Di Gianantonio, PuLp, 15/7/2022

Traduit par Fausto Giudice, Tlaxcala

Le livre de Paolo Persichetti explique le malaise de ceux qui, passionnés par les événements des années soixante et soixante-dix, lisent les nombreux travaux récemment publiés – grâce à la levée du secret sur les documents décidée par le gouvernement Renzi – sur la fameuse « stratégie de la tension » et observe que de nombreuses publications, au lieu de clarifier, compliquent parfois le contexte. En ce qui concerne les massacres d’Ordine Nuovo [Ordre Nouveau, organisation fasciste, NdT], on connaît les noms des exécutants, mais sur ceux des commanditaires, il y a de nombreuses et diverses hypothèses. Au fil du temps et avec la production d'enquêtes télévisées, de films et de nouvelles recherches, le lecteur a le sentiment d'être aux prises non pas avec des publications qui, en utilisant des sources inédites, se rapprochent de la vérité, mais utilisent des genres littéraires du genre roman d’espionnage ou roman noir.

Pour les Brigades rouges, le tableau est encore plus complexe, dans un panier de crabes fait de fake news, de lieux communs et de véritables faux historiques. Le livre de Persichetti est un démontage précis et complexe des fausses infos sur le crime Moro, qui se fonde sur son long travail de recherche et sur celui d'une nouvelle génération d'historiens – dont Marco Clemente et Elena Santalena avec qui il a écrit le premier volume d’histoire des BR – qui entendent analyser les années soixante-dix avec les instruments de l'histoire, sans sensationnalisme ni fausses pistes. Dans le texte, l’auteur donne les noms et prénoms de célèbres auteurs qui, à propos de l'enlèvement et de la mort de Moro, ont créé une véritable fortune éditoriale, alimentant de fausses hypothèses et des complotismes.

Il est impossible de faire une synthèse de toutes les questions complexes de l'affaire Moro : il est nécessaire de lire les papiers et les preuves que l’auteur apporte. Persichetti renverse tout d'abord l’image d’un Moro trafiquant illuminé qui aurait voulu amener les communistes au gouvernement, en illustrant les entretiens que l'homme d'État eut avec l’ambassadeur usaméricain Richard Gardner. À cette occasion, Moro, effrayé par le consensus du PCI et convaincu que les Brigades rouges déstabilisaient le pays en favorisant les communistes, demanda à l'ambassadeur une plus grande attention et un activisme usaméricain en Italie. Pour rassurer le diplomate, Moro a garanti qu'il n'y aurait pas de ministre de gauche dans le nouveau gouvernement Andreotti, démentant catégoriquement les assurances qui avaient été faites au PCI et qui concernaient la présence d'au moins des experts techniques dans le nouvel exécutif.

Le choix de Moro de les démettre de leurs fonctions a été contesté par le futur président du conseil Andreotti et le secrétaire national de la démocratie-chrétienne Zaccagnini qui a démissionné de ses fonctions. Le PCI, furieux de la décision, n'a voté la confiance qu'après la nouvelle de l'enlèvement de l'homme d'État. Moro n'a donc pas été du tout l’homme du compromis historique ou des larges ententes, comme il a été représenté post mortem, quand il a été décrit comme un visionnaire avant-gardiste de politiques inclusives alors que, pendant sa captivité, il a été considéré comme incapable de formuler des pensées autonomes.

Un autre lieu commun répandu encore aujourd'hui est la « légende noire » sur Mario Moretti, considéré comme une personnalité ambiguë et liée en quelque sorte aux services. Moretti purge sa quarante-deuxième année d'exécution de peine et ne peut donc guère être considéré comme un homme au service de l'État. Les soupçons sur lui ont été propagés par Alberto Franceschini et Giorgio Semeria, démenti par des enquêtes internes qui ont révélé l’invraisemblance des accusations, également utilisées par des chercheurs tels que Sergio Flamigni qui a construit sa fortune politique et éditoriale sur la figure de Moretti et ses liens présumés avec les pouvoirs forts

La diétrologie sur l'affaire Moro s'est exercée sur la présence rue Fani [lieu de l’enlèvement, NdT] d'autres personnes, en particulier deux motocyclistes sur une Honda, vus sur la scène de l'enlèvement par le témoin Alessandro Marini. Les motocyclistes ont suscité mille hypothèses sur leur identité présumée d'hommes des services, de tueurs professionnels ou d'agents des services étrangers, donnant lieu à de nouvelles publications. Ce fut le long et minutieux travail historique de Gianremo Armeni dans l'essai Ces fantômes. Le premier mystère de l'affaire Moro qui a mis en lumière le caractère inadmissible du témoignage. Rue Fani, il n'y avait que les dix personnes désignées dans les procès comme responsables de l'enlèvement et du meurtre de l'escorte, toutes appartenant aux Brigades Rouges.

Avec une longue série de documents et d'analyses, Persichetti dénonce également les incohérences de la deuxième commission Moro, instituée en mai 2014 sous la présidence de Giuseppe Fioroni. Bien qu'utilisant de nouvelles techniques d'enquête, telles que l’analyse de l'ADN et les reconstructions laser de la scène de crime, aucune nouvelle conclusion n'a été tirée.

Persichetti soutient donc que : 

Cinq ans de procès, des dizaines et des dizaines de condamnations à perpétuité avec des centaines d'années de prison, deux commissions parlementaires, les témoignages des protagonistes, quelques importants travaux historiques, n'ont pas ébranlé l’obsession conspirative et le préjugé historiographique qui depuis plus de trois décennies fleurit sur l'enlèvement Moro et toute l’histoire de la lutte armée pour le communisme.

Quel est le préjugé historiographique auquel l’auteur se réfère ? Tout simplement l’idée qu'un groupe armé ait pu, sans aide extérieure, accomplir une telle action alors que la lecture « politique » de ces années veut démontrer que derrière les luttes de masse des années soixante et soixante-dix il y avait des stratégies de pouvoir orchestrées par des forces occultes liées à l'État, aux services secrets, à la dynamique internationale.

L’usage politique de la mémoire sert donc à démontrer qu'aucune stratégie, aucune organisation, aucune motivation politique qui naît d'en bas ne peut s'exprimer sans être manipulée et rendue inefficace par la présence des pouvoirs de l'État. De cette façon, les années soixante-dix sont devenues des années de plomb dont nous sommes sortis grâce à l'action déterminée de la politique de la fermeté et de la défense de la légalité.

Selon Persichetti, quelles questions serait-il en revanche légitime de se poser sur l'affaire Moro ? Tout d'abord, une réflexion devrait être faite sur l'utilisation de la torture sur les prisonniers et les détenues des BR par le fonctionnaire de l'UCIGOS [Office central des enquêtes générales et des opérations spéciales de ka police d’État, 1970-1980, NdT] Nicola Ciocia, alias professeur De Tormentis, qui a appliqué sur les prisonniers, en particulier sur les femmes, des actions violentes et humiliantes pour les forcer à parler, même en présence d'une législation spéciale qui permettait d'abondantes remises de peine aux repentis, aux collaborateurs de la justice, aux dissociés. En outre : pourquoi la ligne de la fermeté a-t-elle été maintenue jusqu'au résultat tragique de la mort d'Aldo Moro ? Pourquoi les deux partis de masse, DC et PCI, ne sont-ils pas intervenus pour son sauvetage, alors que les BR se contentaient d'une reconnaissance de la nature politique de leur action ? Pourquoi Fanfani, qui devait prononcer un discours d'ouverture et de reconnaissance minimales, n'a-t-il pas parlé, trahissant l’engagement pris avec le PSI qui s'employait à négocier avec les BR ?

Deux dernières remarques. Les archives de Paolo Persichetti, saisies le 8 juin 2021 par des agents de la DIGOS [Division des enquêtes générales et des opérations spéciales de la police d’État, NdT] sur des accusations fallacieuses, doivent être  restituées à leur propriétaire légitime. Persichetti a purgé sa peine et est le seul à pouvoir recueillir des témoignages des protagonistes de ces années en ayant les outils pour raisonner sur ceux-ci. Il ne peut exister en Italie un organisme de « police de prévention » qui intervienne sur la recherche historique pour l'orienter dans des directions préétablies. Il est scandaleux que peu d'intellectuels aient pris la défense de la liberté de la recherche historique, menacée non seulement en ce qui concerne les années 1970. Pensez à la criminalisation des chercheurs sur les foibe [grottes de la région de Trieste où eurent lieu plusieurs massacres avant et après la Deuxième Guerre mondiale, NdT], passibles du délit de négationnisme.

Qu’on me permette une remarque finale. La reconstruction historique est nécessaire, mais une réflexion politique sur ces années est également nécessaire. En lisant le volume, certaines figures de brigadistes comme Franceschini émergent par leur inadéquation politique et humaine. À mon avis, le terrain autobiographique et psychologique n'est pas un élément secondaire dans le bilan d'une phase historique. De plus, il y a eu des erreurs : tout d'abord, comme l’affirme l’auteur, le fait d'avoir pensé que l'enlèvement causerait de fortes contradictions entre la base et les dirigeants du PCI concernant le compromis historique, contradictions qui  ont été réduites également en raison de l'enlèvement. L’assassinat de Guido Rossa [syndicaliste qui avait dénoncé un ouvrier brigadiste, NdT] en 1979 ne fit que renforcer la condamnation contre les actions armées et assécher cette zone grise qui ne se rangeait pas du côté de l'État. Sur la question des raisons du consensus et sur la question de la violence, une discussion très articulée serait nécessaire.

NdT

*Dietrologia : néologisme du langage politique et journalistique italien qui indique, de manière polémique, la tendance, propre aux soi-disant diétrologues, à attribuer aux faits de la vie publique des causes différentes de celles qui sont déclarées ou apparentes, en supposant souvent des motivations secrètes, avec la prétention de connaître ce qui se cache derrière (dietro) une mise en œuvre. Ce terme est apparu dès les années 1970 dans la presse de droite pour fustiger tous ceux qui voyaient (souvent à juste titre) la main de l’État profond dans les actes terroristes. Un équivalent français serait conspirationnisme ou théorie du complot ou complotisme.


 

Paolo Persichetti

 La polizia della storia. La fabbrica delle fake news nell’affaire Moro (La police de l'histoire. La fabrique des fake news dans l'affaire Moro)

Derive Approdi, 240 p., Imprimé 20 €

 

31/01/2022

PAOLO PERSICHETTI
Mille âmes mortes et un Mattarella bis

Paolo Persichetti, Insorgenze, 30/1/2022
Traduit par Fausto Giudice, Tlaxcala

De l'urne où un millier d'âmes mortes ont déposé leur bulletin de vote pour l'élection du président de la République italienne sont sortis de nombreux noms : des cariatides liées aux palazzinari [margoulins du béton en dialecte romain, NdT], des chefs de services secrets, des stars du porno, des entraîneurs, des présidents d'équipes de football, des constitutionnalistes, des banquiers, des magistrats, des dames en vison, des entrepreneurs qui se sont lancés dans la politique. Le nom d'Emilio Scalzo – ce militant NO TAV [opposé au projet de TGV Lyon-Turin, NdT] extradé en France pour son soutien aux migrants contre toutes les frontières - n'est apparu qu'une seule fois.

Étudiants exploités, étudiants en colère : Non à l'alternance école-travail

Personne n'a écrit le nom de Lorenzo Parelli, l'étudiant de 18 ans victime de ce système de création de main-d'œuvre à coût nul et de précarité absolue qu'est l'alternance école-travail, mort trois jours seulement avant que les chambres ne se réunissent en séance commune. Finalement, celui qui est passé [Mattarella, réélu par le parlement au 8ème scrutin, NdT] était le seul nom qui pouvait garantir le statu quo, la garantie d'un salaire (parlementaire) pour les quelques mois restant jusqu'à la fin de la législature. 

Lorenzo Parelli

Il fut un temps où l'on aurait dit que cette classe parlementaire donnait l'image d'un monde complètement déconnecté du pays. Aujourd'hui, cependant, ils semblent en être une représentation presque parfaite. J'écris « presque » parce que quelque part, il y a un morceau de société qui n'est pas représenté par ce monde, et j'espère qu'il ne veut pas l'être, mais le faire par lui-même. Bien sûr, il est seul, isolé, dans un coin, comme ces étudiants qui ont manifesté et ont été chargés par la police pour se souvenir de Lorenzo et exiger que le droit d'étudier soit libéré de l'esclavage salarial et de la commande des entreprises.


 

PAOLO PERSICHETTI
Mille anime morte

 Paolo Persichetti, Insorgenze, 30/1/2022

Dall’urna dove mille anime morte depositavano la loro schede per l’elezione del presidente della repubblica sono usciti tanti nomi: cariatidi imparentate con i palazzinari, capi dei servizi segreti, pornostar, allenatori, presidenti di squadre di calcio, costituzionalisti, banchieri, magistrati, signore in visone, imprenditori scesi in politica. Una sola volta è apparso il nome di Emilio Scalzo, notav estradato in Francia per il suo sostegno ai migranti contro ogni frontiera. 

Nessuno ha scritto il nome di Lorenzo Parelli, lo studente diciottenne vittima di quel sistema di creazione di manodopera senza costo e precarizzazione assoluta che è l’alternanza scuola-lavoro, morto appena tre giorni prima che le camere si riunissero in seduta congiunta. Alla fine è passato l’unico nome che potesse garantire lo status quo, la garanzia dello stipendio ancora per i pochi mesi che mancano alla fine della legislatura.

Una volta si sarebbe detto che questo ceto parlamentare dava l’immagine di un mondo completamente scollato dal Paese. Oggi invece sembrano esserne la quasi perfetta rappresentazione. Scrivo «quasi» perché da qualche parte c’è un pezzo di società che da questo mondo non è rappresentato e mi auguro che non voglia esserlo, ma fare in proprio. Certo è solo, isolato, in un angolo, come quegli studenti che hanno manifestato e sono stati caricati dalla polizia per ricordare Lorenzo e pretendere che il diritto allo studio sia liberato dalla schiavitù salariale e dal comando dell’impresa.


 

16/12/2021

DONATELLA DI CESARE
Les gendarmes de la mémoire et l'histoire interdite des Brigades rouges : l'enquête kafkaïenne sur Paolo Persichetti

Donatella Di Cesare, Il Riformista 16/12/2021
Traduit par
Fausto Giudice, Tlaxcala

 

Donatella Di Cesare (Rome, 1956) est une philosophe, essayiste et éditorialiste italienne. Elle enseigne la philosophie théorique à l'université de Rome La Sapienza. Elle est l'une des voix les plus significatives de la pensée critique en Italie. Elle est très présente dans le débat politique. Elle collabore avec plusieurs journaux et revues, dont L'Espresso, Il Manifesto, La Stampa et Il Riformista. Bio-bibliographie

 

Il avait accompagné ses deux enfants à l'école quand, sur le chemin du retour, il a été arrêté par une patrouille de la Digos [Division des enquêtes générales et des opérations spéciales, police politique, NdT] qui l'a raccompagné chez lui. Il y a déjà d'autres agents là-bas - une dizaine en tout - prêts à commencer la perquisition. Tout est mis sens dessus dessous, fouillé et inspecté. Sans trop de considération pour l'intimité d'une famille, qui comprend aussi une personne âgée. Ordinateurs, téléphones portables, appareils électroniques, matériel de toute sorte sont confisqués, y compris le matériel privé, les photos, les notes et les lettres. Les documents concernant Sirio, un enfant que le verdict médical avait condamné à une existence végétative et qui aujourd'hui va à l'école en se battant chaque jour pour la vie et en apprenant aux autres à regarder le monde avec les yeux du handicap, sont aussi saisis. En fin d'après-midi, la perquisition a pris fin.

L'affaire n'est pas finie là. Comme dans un roman kafkaïen, de nouvelles incriminations sont venues s'ajouter.

Celui qui compte vraiment, c'est l'accusé : Paolo Persichetti. En 1986, à l'âge de 24 ans, il rejoint ce qui restait de la colonne romaine des Brigades rouges, qui pouvait encore compter sur un certain soutien dans les banlieues, et est arrêté en 1987. Persichetti a purgé une longue peine, des années et des années en prison, après avoir été extradé de France. Il a toujours eu une passion pour la recherche historique et le journalisme. Mais ce sont des professions qu'il n'a pu exercer que presque seul en tant qu'outsider dans sa vie actuelle consacrée à l'engagement sur de nombreux fronts. En Italie, un ancien brigadiste ne peut pas accéder à la recherche universitaire.


16/06/2021

Maintenant, le pouvoir judiciaire italien veut également diriger la recherche historique
Persécution judiciaire de Paolo Persichetti

Piero Sansonetti, Il Riformista 16/6/2021

Traduit par Fausto Giudice

Piero Sansonetti  (Rome, 1951) est un journaliste italien exerçant depuis 1979. Après une trentaine d’années au quotidien communiste L’Unità, il a été directeur de Liberazione de 2004 à  2009, puis de Calabria Ora de 2010 à  2013, passant en  2016 à Il Dubbio avant de prendre en 2019 la direction de Il Riformista.

 

Il y a un monsieur qui étudie l'affaire Moro. C'est-à-dire, l'enlèvement, le massacre, la fuite, la séquestration. Il s'appelle Paolo Persichetti. Il est, entre autres, l'auteur d'un livre très intéressant et bien informé sur l'histoire des Brigades rouges. Paolo est un ancien militant des Brigades Rouges. Il a été condamné à une longue peine de prison, extradé de France avec un stratagème et mis en prison. Il est sorti de détention il y a quelques années, après avoir purgé l'intégralité de sa peine. Il a repris son travail de journaliste et de spécialiste de l'histoire. Il a reconstruit sa vie, il est le père de deux petits enfants. Je le connais bien, j'ai également travaillé avec lui, et je vous jure que c'est une personne très sérieuse, fiable, honnête, engagée dans ses études et ses combats idéaux. D'un grand niveau professionnel.

L'autre jour, la police est venue chez lui. Ils ont saccagé son appartement sur la base d'un ordre de perquisition. Ils ont confisqué tous ses ordinateurs, ses téléphones portables, ses appareils électroniques. Même tous les dossiers médicaux relatifs à son petit garçon. Et ensuite elle l'a informé qu'il faisait l'objet d'une enquête. Pour quoi ? Il serait en possession de documents sur l'enlèvement de Moro qui devraient être classifiés. Nous ne savons pas exactement quel genre. Probablement des documents provenant de la commission parlementaire qui a enquêté sur le meurtre de Moro il y a quarante-trois ans. Les charges retenues contre Persichetti sont dévastatrices : association subversive à des fins terroristes et complicité. Les avocats de Persichetti en savent très peu sur le bien-fondé des accusations. Tout ce que l'on sait, c'est que selon les magistrats, le crime aurait commencé en 2015. Il y a six ans.

Au cours de ces six années, on suppose que cette association subversive s'est limitée à imaginer des actions sensationnelles. Sans les réaliser. Il s'agit probablement d'une association subversive très paresseuse et prudente. Complicité avec qui ? Peut-être des fugitifs, interviewés par Persichetti pour ses recherches historiques. À l'heure actuelle, de toutes les personnes condamnées pour l'enlèvement de Moro, seules deux sont techniquement en fuite. L'un est Alvaro Lojacono et l'autre Alessio Casimirri. Lojacono est un citoyen suisse de 67 ans qui a purgé l'intégralité de sa peine en Suisse et qui est désormais totalement libre. Alessio Casimirri est un citoyen nicaraguayen âgé de 70 ans, qui est également parfaitement libre et n'a aucune dette avec la loi de son pays. Aucun des deux ne vit dans la clandestinité. Ils n'ont aucune raison de le faire. En quoi pourrait consister la complicité ?

Le magistrat qui a décidé de rechercher et d'enquêter sur Persichetti est un nom bien connu. Eugenio Albamonte. Il a toujours été particulièrement impliqué dans l'activité politique des courants de la magistrature. Il a été le successeur de Davigo à la tête de l'ANM (Association nationale des magistrats) et maintenant il est le secrétaire d’Area, c'est-à-dire le courant de gauche, très fort à Rome. Albamonte est connu pour divers événements, dont l'enlèvement de Shalabayeva (la dame kazakhe capturée et renvoyée chez elle par les autorités italiennes, avec sa petite fille, d'une manière imprudente et risquée pour elles) dans lequel deux officiers supérieurs de la police ont été fortement impliqués, condamnés à plus de cinq ans de prison pour enlèvement.

Albamonte, qui avait autorisé le rapatriement forcé (exécuté plus tard par la police), n'a jamais été inculpé. Albamonte a évidemment ouvert une nouvelle enquête sur l'enlèvement de Moro, c'est-à-dire sur un épisode qui s'est produit alors qu'il avait 11 ans et était en sixième année d’école primaire. Les raisons de cette enquête ne sont pas connues. On peut facilement deviner que l'activité du Bureau du Procureur est, parfois, assez désinvolte. Il existe peut-être des situations plus graves que celle créée par un érudit qui collecte du matériel pour ses études. Plus urgent. À juste titre, souvent, les magistrats se plaignent de la rareté des moyens et du personnel à leur disposition. Comment pouvez-vous les blâmer ? Bien sûr, quand on apprend que l'un des plus importants magistrats italiens est occupé à enquêter sur les recherches historiques d'un universitaire, on se demande si le parquet n'est pas surchargé de travail. Peut-être que dans les prochains jours quelqu'un ouvrira une enquête sur le cas Montesi, la jeune fille tuée à Torvaianica en 1953, ou sur la probable complicité que le bossu de Quarticciolo a eu parmi les habitants de la région et peut-être même dans la section locale du PCI, à la fin des années 40. Ensuite, il y a toujours la vieille question jamais résolue de l'affaire Girolimoni : sommes-nous absolument sûrs qu'il était vraiment innocent ?

L'aspect le plus troublant de l'enquête contre Paolo Persichetti est peut-être un autre. Le risque que l'idée passe que le pouvoir judiciaire, en plus de décider des bons choix politiques, de sélectionner les listes électorales ou les ministres, établisse parmi ses fonctions celle de filtrer et d'orienter la recherche historique. Si, par exemple, quelqu'un se met en tête de critiquer ou de démanteler, sur la base des documents, le travail de la Commission Moro, il est bon de lancer une enquête sur lui, en imaginant qu'il puisse utiliser ce travail pour organiser une association terroriste. Je ne sais pas si cette circonstance soulèvera une quelconque protestation ou indignation parmi les intellectuels. Je crains que non.

Il me semble que même les intellectuels, ces dernières années, ont fini dans les ronds-points et dans la cour des procureurs. Bien sûr, lorsque de telles choses se produisent, vous comprenez qu'une grande partie de l'appareil judiciaire est désormais complètement hors de contrôle, et que la nostalgie du minculpop, de son côté, est de plus en plus forte. Vous ne savez pas ce qu'est le minculpop ? Jetez un coup d'œil à wikipedia.