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17/04/2022

Dichiarazione in occasione della giornata dei prigionieri palestinesi (17 aprile)

 Alleanza europea in difesa dei prigionieri palestinesi, Bruxelles, 17/4/2022 

La giornata del prigioniero palestinese che cade il 17 aprile è commemorata quest'anno nel mezzo di una campagna brutale delle autorità d'occupazione israeliane contro tutto il popolo palestinese, contro i combattenti per la libertà tenuti prigionieri nelle prigioni israeliane

.Si stima che ci siano più di 4.400 prigionieri di guerra ancora nelle prigioni dell'occupazione israeliana, tra cui 33 donne e ragazze, circa 160 bambini sotto i 18 anni, e più di 500 detenuti amministrativi, tra cui 8 deputati eletti. Almeno 600 prigionieri di guerra soffrono di malattie terminali o gravi, come il cancro, e di paralisi parziale o totale. Il trattamento israeliano dei prigionieri di guerra palestinesi e dei detenuti amministrativi può costituire crimini di guerra e crimini contro l'umanità se adeguatamente indagato dalla CPI.

Israele continua a negare ai prigionieri di guerra e ai detenuti palestinesi i loro diritti fondamentali garantiti dalle convenzioni e dalle norme internazionali, e continua le sue misure e pratiche repressive che includono l'isolamento, la tortura e l'uso della forza che si è intensificato notevolmente dopo la fuga di 6 prigionieri di guerra palestinesi dal centro carcerario di massima sicurezza di Gilboa.

 

30/01/2022

HAIDAR EID
Il futuro della Palestina è in una democrazia laica

 Haidar Eid, Mondoweiss, 28/1/2022
Tradotto da
Fausto Giudice, Tlaxcala

Haidar Eid è nato in un campo profughi a Gaza (i suoi genitori venivano dal villaggio di Zarnouqa nel distretto di Ramla, etnicamente ripulito dalle bande sioniste nel 1948). Ha ottenuto il suo dottorato all'Università di Johannesburg, in Sudafrica, dove è rimasto dal 1997 al 2003, imparando molto dal movimento antiapartheid. È professore associato di letteratura postcoloniale e postmoderna all'Università al-Aqsa di Gaza. Ha scritto molto sulla questione palestinese, compresi articoli pubblicati su Znet, Electronic Intifada, Palestine Chronicle e Open Democracy. Ha pubblicato articoli su studi culturali e letteratura in diverse riviste, tra cui Nebula, Journal of American Studies in Turkey, Cultural Logic e Journal of Comparative Literature. È un membro fondatore della One State Campaign (OSC) e un membro della Palestinian Campaign for the Academic and Cultural Boycott of Israel (PACBI). E infine, canta! @haidareid

È un fatto accertato che Israele è uno stato di apartheid. Le domande allora sono: come smantellarlo e quale sarà il prossimo passo?

La soluzione dei due stati continua a perdere sostegno in Palestina. Sempre più palestinesi si rendono conto che il cosiddetto processo di pace ha portato solo alla produzione di nuovi fatti compiuti israeliani e pratiche repressive che rendono impossibile uno stato palestinese funzionante. Non sorprende quindi che un recente sondaggio condotto dal Jerusalem Media and Communication Center indichi un crescente sostegno tra i palestinesi per la soluzione a uno stato, a spese della soluzione a due stati.

L'ironia, tuttavia, è che i fatti compiuti non sembrano aver convinto la leadership palestinese, di destra o di sinistra! Invece di lottare per schiacciare il sionismo e la sua politica di apartheid in Palestina, la leadership dell'OLP cerca di coesistere con esso. Il loro argomento, che è stato condiviso da alcuni accademici e attivisti internazionali nel corso degli anni, è che la soluzione dei due stati è sostenuta da un “consenso internazionale”, nonostante il fatto che non è altro che una soluzione ingiusta dettata da Israele e dagli USA e ignora i nostri diritti fondamentali come esseri umani. In questo articolo, sostengo che l'unica speranza per noi palestinesi risiede in una forma di resistenza all'apartheid che mobiliti le componenti del popolo palestinese e della società civile internazionale e che porti infine alla creazione di un unico stato in Palestina.

Apartheid israeliana

È un fatto accertato che Israele è uno stato di apartheid.  Gli ultimi rapporti di Human Rights Watch e persino della più rispettata organizzazione israeliana per i diritti umani, B'Tselem, per non parlare dei rapporti di tante organizzazioni palestinesi per i diritti umani, hanno concluso che il regime stabilito tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo è un regime di apartheid.

Di fatto, l'apartheid israeliano ha raggiunto il suo obiettivo a lungo desiderato di sovranità israeliana su tutta la Palestina storica, con enclavi non vivibili che forniscono un'autonomia da ghetto in cui ciò che rimane del popolo palestinese può lentamente restringersi. Tuttavia, Israele si ritrova con un fardello altamente indesiderabile: un territorio contenente più di 4,5 milioni di palestinesi politicizzati, senza un proprio stato indipendente, che frammenta Israele con la stessa efficacia con cui Israele stesso ha frammentato la comunità nazionale palestinese. Il problema rimane vecchio come il conflitto stesso: cosa fare con questa gente, quando tutto ciò che Israele vuole è la loro terra?

18/05/2021

Gli F-35 bombardano Gaza

 Manlio Dinucci, il manifesto, 18/5/2021

FR Les F-35 bombardent Gaza
PT Os F-35 bombardeiam Gaza

DE Die F-35 bombardieren Gaza

EN F-35s bombing Gaza

 Mentre i piloti israeliani di F-35 vengono addestrati dalla U.S. Air Force in Arizona e in Israele, il Genio dello US Army costruisce in Israele speciali hangar rinforzati per gli F-35, adatti sia per la massima protezione dei caccia a terra, sia per il loro decollo rapido quando vanno all’attacco

Il portavoce delle Forze israeliane Zilberman, annunciando l’inizio del bombardamento di Gaza, ha specificato che «prendono parte all’operazione 80 caccia, inclusi gli avanzati F-35» (The Times of Israel, 11 maggio 2021). È ufficialmente il battesimo di fuoco del caccia di quinta generazione della statunitense Lockheed Martin, alla cui produzione partecipa anche l’Italia quale partner di secondo livello.


06/05/2021

Har Homa: Dichiarazione di Francia, Germania, Italia, Spagna e Regno Unito sugli insediamenti israeliani

 Fonte


 

 

Esortiamo il governo di Israele a revocare la sua decisione di procedere alla costruzione di 540 insediamenti nell'area di Har Homa E, nella Cisgiordania occupata, e a cessare la sua politica di espansione degli insediamenti nei Territori palestinesi occupati. Secondo il diritto internazionale tali insediamenti sono illegali e minacciano le possibilità di una risoluzione pacifica del conflitto israelo-palestinese.

Se attuata, la decisione di far avanzare gli insediamenti a Har Homa, tra Gerusalemme Est e Betlemme, comprometterà ulteriormente la concreta possibilità di creare uno Stato palestinese, con Gerusalemme come capitale sia di Israele che di uno Stato palestinese. Tale azione, unitamente all'avanzamento degli insediamenti a Givat HaMatos e ai continui sgomberi a Gerusalemme Est, incluso a Sheikh Jarrah, pregiudica inoltre gli sforzi compiuti per la ricostruzione di un rapporto di fiducia tra le parti dopo la positiva ripresa della cooperazione israelo-palestinese.

Invitiamo entrambe le parti ad astenersi da qualsiasi azione unilaterale e a riprendere un dialogo credibile e costruttivo atto a promuovere gli sforzi finalizzati al raggiungimento della soluzione a due stati e alla fine del conflitto.


 

05/05/2021

Shock nella comunità ebraica ultra-ortodossa di Gerusalemme: il “rabbino” era un missionario cristiano infiltrato

 Originale: English
Tradotto da Elisabetta Valento
Traduzioni disponibili : Français Deutsch 

L'uomo ammette di aver lavorato in passato come missionario, ma dice di essersi “pentito”

La famiglia è stata sostenuta dalla comunità ultraortodossa dopo la morte per cancro della madre, il padre lavorava come scriba e mohel [circoncisore]; gli investigatori dicono che hanno finto di essere ebrei per trasferirsi in Israele


La famiglia Elk del New Jersey divenne la famiglia Elkohen di Gerusalemme. Il "Rabbino Michael" ha raccolto 13.000 € dopo la morte della moglie


Domenica, una comunità ebraica ultraortodossa del quartiere French Hill di Gerusalemme è rimasta scioccata dopo aver scoperto che un membro di spicco della comunità era un missionario cristiano infiltrato. 

Beyneynu, un'organizzazione senza scopo di lucro che controlla l'attività missionaria in Israele, domenica ha dichiarato che stava “indagando sul caso di un missionario celato a French Hill da molti anni”, ma ha deciso di rivelarlo ora “a causa del proselitismo da parte di uno dei figli del missionario a scuola”.

I media ebraici hanno detto che l'uomo, che non era stato identificato pubblicamente, aveva finto di essere un rabbino e un kohen (sacerdote) e di aver lavorato come scriba e mohel, praticando circoncisioni rituali.

Tuttavia, si è scoperto che in realtà la famiglia non era ebrea ma cristiana del New Jersey negli USA e che, secondo quanto riferito, aveva falsificato i documenti per dimostrare di essere ebrei al fine di emigrare in Israele secondo la Legge del Ritorno.

“Siamo fiduciosi che i leader ebrei agiranno con forza contro questa minaccia e metteranno rapidamente in atto misure per proteggere la comunità ebraica”, ha dichiarato Beyneynu.

Il sito web ultraortodosso Behadrei Haredim ha riferito che quando la moglie, recentemente deceduta, si ammalò di cancro, diversi anni fa, disse agli amici alcune cose che per loro non avevano senso e che innescarono l'indagine.

La moglie aveva dichiarato falsamente di essere figlia di sopravvissuti all'Olocausto.

Gli investigatori hanno scoperto che i genitori della famiglia negli Stati Uniti non erano ebrei e che postavano materiale missionario sui social media, ha detto l'articolo. Il defunto padre dell'uomo è stato sepolto in un cimitero non ebraico. Un necrologio lo identificava come membro della Chiesa Mennonita dell’Amizia (Friendship Mennonite Church).

Beyneynu ha detto che aveva “posto grande cura nel verificare ogni prova prima di esporre questo caso al pubblico”, ma non ha fornito dettagli delle prove.

“Finora abbiamo taciuto perché non volevamo che il padre si trasferisse in un altro quartiere (per continuare il suo lavoro) e volevamo lavorare per ottenere la revoca della sua cittadinanza”, ha detto a Behadrei Haredim Yoni Kayman, un membro della comunità coinvolto nell'inchiesta.



Yoni Kayman (immagine dallo schermo/Channel 13)

Kayman ha detto che il padre recentemente aveva anche iniziato a sbarazzarsi delle prove, cancellando cose dai social media, e smesso di mandare le figlie alla scuola religiosa locale, così hanno deciso di informare la comunità delle sue attività.

Channel 13 news ha trasmesso filmati del 2011 del padre che parla alla televisione usamericana,  riconoscendo Gesù come il Messia.

Parlando a Channel 13, l'uomo ha negato di lavorare come missionario cristiano sotto copertura.

“È una bugia, io sono nato ebreo”, ha detto. Tuttavia, ha riconosciuto di aver lavorato come missionario sette o otto anni, ma ha detto di essersi “pentito”.

I membri della comunità hanno espresso sconcerto, notando quanto la famiglia fosse coinvolta e come, dopo la morte della moglie, la comunità abbia disposto un fondo per sostenerli.

“La famiglia sembrava del tutto ultraortodossa, lui aveva una lunga barba e un cappello, i ragazzi i payot (riccioli laterali), le ragazze andavano alle scuole Beis Yaakov”, ha detto Kayman a Channel 13.

“Per cinque anni li abbiamo sostenuti, pagando la loro spesa, gli scuolabus, qualsiasi cosa e loro ci hanno ingannati”, ha detto.

Israele gode di un forte sostegno da parte dei movimenti cristiani evangelici negli Stati Uniti, ma controlla il lavoro missionario nella Terra Santa.

Mentre la legge israeliana vieta espressamente solo la donazione di denaro o doni per incoraggiare le conversioni a un'altra religione, le attività missionarie, in generale, sono attentamente monitorate dalle autorità e sono offensive per molti israeliani.

La legge israeliana proibisce anche “l’attività missionaria o di proselitismo diretta ai minori senza il permesso dei loro genitori”.