Affichage des articles triés par pertinence pour la requête silvana fioresi. Trier par date Afficher tous les articles
Affichage des articles triés par pertinence pour la requête silvana fioresi. Trier par date Afficher tous les articles

03/01/2022

MILENA RAMPOLDI
“In questa crisi del Corona gran parte delle persone di sinistra sono vittime della loro fede nello Stato”: Michael Schneider sulla "presa transnazionale di potere biopolitico " in corso

Milena Rampoldi, ProMosaik, 2/1/2022
Tradotto da Silvana Fioresi, Tlaxcala

Ho parlato con il professore Michael Schneider (nato nel 1943) sul tema della COVID-19 e sul rapporto tra medicina e totalitarismo. Schneider è uno scrittore e un socialista impegnato, conosciuto, tra l’altro, per aver partecipato al movimento studentesco del 1968, per essere l’autore dell’opera «Neurose und Klassenkampf»[Nevrosi e lotta di classe, Il Formichiere, Foligno, 1976] e per aver fondato il primo teatro di strada socialista a Berlino Ovest. Si distingue per la sua critica perspicace dello status quo, e quindi anche della degenerazione “coronavirale” regnante, che riunisce numerosi elementi non solo politici, ma anche nevrotici. Ma è diversa. Il potere oggi è diverso. E il totalitarismo, oggi, è diverso.

 

Nell’era coronavirale, che stiamo vivendo, il legame tra medicina, potere e totalitarismo sfugge a molti, qual è il motivo secondo Lei?

Se il legame tra medicina, potere e totalitarismo sfugge a tanta gente, in questo periodo di crisi da Corona, è innanzitutto a causa della natura di questa nuova storia, estremamente raffinata ed efficace nel suo impatto sulla psicologia di massa: che il Sars-Cov-2 è un virus assassino che minaccia l’intera umanità e contro il quale bisogna “fare la guerra”, come lo ha annunciato il presidente francese nell’aprile del 2020.

In tempo di guerra e di crisi, il governo e i cittadini uniscono quasi sempre le proprie forze. La “guerra contro il Corona” e le sue nuove “varianti pericolosi” assomiglia al 1984 di Orwell, in cui le persone sono costantemente mobilitate e spinte a guerre fittizie contro nuovi nemici che nessuno vede mai. Ancora più sofisticato, da genio quasi sadico (che va nel senso della guerra psicologica): la storia (messa in scena dai servizi segreti e dai think tanks americani) di un nemico invisibile e corrosivo che può colpire ovunque e in qualsiasi momento e che può nascondersi in ognuno di noi, nel tuo vicino di casa, nel tuo collega di lavoro, anche fra i tuoi cari e, ancora peggio, in te stesso.

La premessa del “malato asintomatico”, che mette in pericolo tutti gli altri in quanto “supercontaminatore”, è particolarmente insidiosa, perché alimenta il sospetto di tutti contro tutti e conduce a uno sconvolgimento completo del carico delle prove: nella lotta contro il nemico invisibile, tutti gli uomini non sono potenzialmente in buona salute, ma potenzialmente malati. Ogni persona è un caso sospetto non ancora verificato, un pericolo, e deve provare la sua innocenza tramite le constatazioni (tamponi) o dei vaccini attualizzati giorno dopo giorno. Se non lo fa, l’emarginazione e le restrizioni di movimento sono misure di autodifesa autorizzate dalla società.

Questa storia è nuova, e trova successo soprattutto perché mette al suo servizio prima di tutto degli ideali comunitari come la solidarietà, la responsabilità verso gli altri, etc., che sono proprio cari alla sinistra. Ecco perché la sua natura perfida non è riconosciuta dalla maggior parte dei simpatizzanti di sinistra, dei socialdemocratici e dei socialisti di sinistra, tanto più che questi ultimi sono diventati vittime della loro fede nello Stato  proprio adesso, durante la crisi dovuta al Corona: il fatto che, dopo trent’anni di privazioni neoliberali e di politiche di tagli evidenti (come nel campo della sanità pubblica), lo Stato, fino ad allora debole, prenda all’improvviso le redini in mano e faccia, a quanto pare, della salute dei cittadini, il punto supremo della sua azione, è considerato da loro come la prova della dimensione etica ritrovata da parte della politica. Ma perché le elite dirigenti, tra l’altro senza scrupoli, avrebbero deciso di fermare la macchina mondiale dei profitti davanti ad un agente patogeno che tocca quasi esclusivamente gli “improduttivi”, gli ultraottantenni?

 

John Melhuish Strudwick, Un filo d'oro, 1885

20/01/2022

SUZANNE O’SULLIVAN
Il mistero dei bambini “addormentati” della Svezia
Una neurologa indaga sulla “sindrome della rassegnazione” nei figli dei richiedenti asilo

Suzanne O’SullivanThe Sunday Times, 28/3/2021
Tradotto da Silvana Fioresi, Tlaxcala
 

Estratto dal libro The Sleeping Beauties: And Other Stories of Mystery Illness [“Le belle addormentate e altre storie di malattie misteriose”, non ancora tradotto in italiano], pubblicato in aprile 2021 presso Picador Editore.

Nel paese scandinavo, centinaia di giovani rifugiati sono caduti in uno stato di apatia generalizzata in questi ultimi vent’anni. Senza che nessuno riesca a capire perché. In loco, una conosciuta neurologa irlandese ha portato avanti l’inchiesta. 

Appena passata la soglia, mi sono subito sentita un’oppressione. Nola è sdraiata sopra a un letto, alla mia destra. Deve avere una decina d’anni. È la sua camera. Sapevo cosa mi aspettava, lo credevo, ma in realtà non ero pronta. Cinque persone e un cane sono appena entrati nella stanza, senza provocare nella ragazzina alcun minimo segno di reazione. Rimane perfettamente immobile, con gli occhi chiusi, si potrebbe dire tranquilla.

“È così da più di un anno e mezzo”, precisa la dottoressa Olssen, chinata su Nola per carezzarle dolcemente la guancia.

 

Djeneta, a destra, una rifugiata rom immobile a letto, senza reazioni da due anni e mezzo, e sua sorella, Ibadeta, da più di sei mesi, a Horndal, in Svezia, il 2 marzo 2017. Foto MAGNUS WENNMAN*

Sono a Horndal, in Svezia, un piccolo comune a 160 km a nord di Stoccolma. La dottoressa Olssen si occupa di Nola fin dall’inizio della sua malattia, conosce bene la sua famiglia. Tira le tende per lasciare entrare la luce e si volta verso i genitori di Nola: “Le bambine devono poter rendersi conto che è giorno. Hanno bisogno di sentire il sole sulla pelle”.

“Sanno che è giorno, risponde la madre, sulla difensiva. Le mettiamo sempre sedute fuori, di mattina. Le abbiamo rimesse a letto adesso perché sapevamo che venivate”.

Il petto che si gonfia è il suo unico segno di vita

Nola non è la sola ad occupare questa camera. Sua sorella Helan, più grande di lei di circa un anno, è anche lei sdraiata nel letto al piano inferiore del letto a castello, alla mia sinistra. Da dove mi trovo io, vedo solo la pianta dei suoi piedi. Il letto in alto, quello di suo fratello, è vuoto. Lui, non è malato: l’ho intravisto all’angolo di una porta, mentre andavo in camera. Se sono qui, è perché sono neurologa, specialista delle malattie cerebrali, e perché conosco bene il potere dello spirito sul corpo.

Mentre mi avvicino al letto di Nola, getto uno sguardo in direzione di Helan – a mia grande sorpresa la vedo socchiudere gli occhi, per guardarmi, un secondo, per poi richiuderli.

“È sveglia”, ho detto alla dottoressa Olssen.

“Si’, Helan è solo al primo stadio della malattia”.

Stesa sulle lenzuola del suo letto e pronta per il mio arrivo, Nola, invece, non manifesta nessun segno di coscienza. Indossa un vestito rosa e dei collant a quadri neri e bianchi. Ha i capelli spessi e brillanti, ma un colorito pallido. Il rosa delle sue labbra è spento, leggermente slavato. Le sue mani sono appoggiate una sull’altra sul suo ventre. Ha l’aria serena, come la principessa che ha dato un morso alla mela avvelenata. Unico segno incontestabile della sua malattia, la flebo tramite sonda nasogastrica il cui tubicino, inserito nel naso, è incollato alla guancia grazie a un cerotto. Unico segno di vita, il suo petto che sale e scende, piano piano.

Un processo lento di chiusura in sé stessa

Mi inginocchio vicino al suo letto per presentarmi a lei. Anche se non mi sente, so per certo che non capirà quello che dico: Nola conosce solo qualche parola d’inglese, e io, per quanto mi riguarda, non parlo né lo svedese né il curdo, la sua lingua materna – spero tuttavia di rassicurarla grazie al tono della mia voce.

Oltre a Nola e a Helan, diverse centinaia di casi di bambini “addormentati” sono stati individuati in Svezia da vent’anni a questa parte. Secondo quanto si dice, il fenomeno sarebbe comparso negli anni ‘90, ma il numero di bambini interessati è aumentato col cambio del secolo. Solo tra il 2003 e il 2005 sono stati contati 424 casi. Da allora ne sono apparsi altre diverse centinaia. Se il fenomeno riguarda maschi e femmine, queste ultime sono leggermente più numerose.

10/03/2022

LAWRENCE WRIGHT
L'elefantessa in aula: la battaglia legale per liberare Happy, prigioniera dello zoo del Bronx

Lawrence Wright, The New Yorker, 28/2/2022
Tradotto da
Fausto Giudice  e Silvana Fioresi, Tlaxcala

Lawrence Wright (Oklahoma City, 1947) è un giornalista usamericano. Membro della New York University School of Law, lavora per la rivista The New Yorker dal 1992. Ha vinto il premio Pulitzer per la narrativa nel 2007 per il suo libro The Looming Tower: Al Qaeda and the Road to 9/11 sugli attacchi dell'11 settembre 2001 e le loro conseguenze. Il suo libro più recente è «The Plague Year: America in the Time of COVID». Bibliografia

Una curiosa crociata legale per ridefinire il concetto di persona giuridica solleva profonde domande sull'interdipendenza tra regno animale e umano.


Gli animalisti vogliono che lo zoo del Bronx rilasci Happy, un’elefantessa abbastanza intelligente da riconoscere la propria immagine in uno specchio. Illustrazione di Gérard DuBois, The New Yorker

Secondo il codice civile dello Stato di New York, un’ordinanza di habeas corpus può essere ottenuta da qualsiasi "persona giuridica" che sia stata detenuta illegalmente. Nella contea del Bronx, la maggior parte di queste petizioni arriva per conto dei prigionieri di Rikers Island. Le petizioni di habeas corpus non sono spesso prese in considerazione dai tribunali, questa è solo una delle ragioni per cui il caso posto alla giudice della Corte Suprema di New York Alison Y. Tuitt - Nonhuman Rights Project v. James Breheny, et al [Progetto dei diritti di animali non umani contro James Breheny e altri] - è considerato straordinario. Il soggetto del caso era Happy, un’elefantessa asiatica dello zoo del Bronx. La legge usamericana considera tutti gli animali come "cose" - la stessa categoria dei sassi o dei pattini a rotelle. Tuttavia, se il giudice accettasse la richiesta di habeas corpus per trasferire Happy dallo zoo a un rifugio, davanti alla legge, sarebbe una persona. Avrebbe dei diritti.

L'umanità sembra andare verso un nuovo e radicale accordo con il regno animale. Nel 2013, il governo indiano ha vietato la cattura e la reclusione di delfini e orche, poiché è stato dimostrato che i cetacei sono sensibili e molto intelligenti, e "dovrebbero essere considerati come 'persone non umane'" con "i propri diritti specifici". I governi dell’Ungheria, del Costa Rica e del Cile, tra gli altri, hanno emesso restrizioni simili, e la Finlandia è arrivata al punto di redigere una dichiarazione dei diritti dei cetacei. In Argentina, un giudice ha stabilito che una femmina di orangotango del Parco Ecologico di Buenos Aires, chiamata Sandra, era una "persona non umana" e aveva diritto alla libertà - che in pratica significava essere mandata in un rifugio in Florida. Il presidente della Corte Suprema di Islamabad, in Pakistan, ha affermato che gli animali non umani hanno dei diritti quando ha ordinato il trasferimento di un elefante chiamato Kaavan, insieme ad altri animali dello zoo, in rifugi per animali selvatici; ha anche raccomandato di insegnare il benessere degli animali nelle scuole, come parte degli studi islamici. In ottobre, un tribunale americano ha riconosciuto che un branco di ippopotami, originariamente portato in Colombia dal barone della droga Pablo Escobar, era una "persona interessata" in un processo per impedire il loro sterminio. Il Parlamento britannico sta attualmente considerando un disegno di legge, sostenuto dal primo ministro Boris Johnson, che prenderebbe in considerazione gli effetti dell'azione del governo su qualsiasi animale sensibile.

Anche se la questione immediata posta alla giudice Tuitt riguardava il futuro di un’elefantessa solitaria, il caso ha sollevato la questione più ampia se gli animali rappresentano l'ultima frontiera nell'espansione dei diritti negliUSA - una progressione segnata dalla fine della schiavitù e dall'adozione del suffragio femminile e del matrimonio gay. Queste pietre miliari sono state il risultato di campagne duramente combattute che si sono evolute nel corso di molti anni. Secondo un sondaggio Gallup del 2015, un terzo degli usamericani crede che gli animali dovrebbero avere gli stessi diritti degli esseri umani, contro un quarto nel 2008. Ma tale protezione degli animali avrebbe conseguenze di vasta portata, compreso l'abbandono di un paradigma secolare delle leggi sul benessere degli animali.

Le vere e proprie discussioni sul caso Happy sono iniziate il 23 settembre 2019, in un'aula con pannelli di quercia piena di giornalisti, difensori e avvocati dello zoo. Kenneth Manning, che rappresenta la Wildlife Conservation Society, che gestisce lo zoo del Bronx, ha fatto una breve arringa iniziale. Ha fatto notare che il querelante - il Nonhuman Rights Project, o NhRP - era già conosciuto nel sistema giudiziario di New York con una mezza dozzina di petizioni simili sugli scimpanzé. Erano tutte finite male. Manning ha letto ad alta voce una di queste decisioni, che sosteneva che "le asserite capacità cognitive e linguistiche di uno scimpanzé non si traducono nell'abilità o nella capacità di uno scimpanzé, come gli umani, di assumere obblighi legali o di essere ritenuto legalmente responsabile delle sue azioni", e che l'animale non aveva quindi diritto all'habeas corpus. Il NhRP ha replicato che "probabilmente il dieci per cento della popolazione umana nello Stato di New York ha dei diritti, ma non può assumersi delle responsabilità, o perché sono neonati o bambini o perché sono pazzi o in coma o altro".