25/04/2025

Elnet, ovvero l'arte sionista di comprare le coscienze europee a basso prezzo

Si chiama Elnet, acronimo di European Leadership Network, da non confondere con ELN, acronimo dell'altro European Leadership Network, un think tank “rispettabile” creato nel 2011 e con sede a Londra. Elnet non ha nulla di rispettabile: è una macchina da guerra israelo-yankee creata nel 2007 dopo la seconda Intifada per intossicare l'opinione pubblica occidentale con la più pura hasbara [propaganda] sionista. Obiettivo principale: i parlamentari nazionali dell’UE e gli eurodiputati. Dopo il 7 ottobre 2023, Elnet ha organizzato 20 viaggi in Israele per 300 parlamentari europei e britannici. Ma Elnet ha anche diversificato le sue operazioni, organizzando viaggi in Terra Promessa per militari, industriali e grandi intellettuali, tra cui Bernard-Henri Lévy e Michel Onfray, senza dimenticare l'inimitabile svizzero-catalano Manuel Carlos Valls i Galfetti, nonché viaggi di politici e militari israeliani in Europa. Tra i parlamentari, si rastrella ampiamente, dai conservatori agli ecologisti, passando per i liberali e i socialdemocratici, dai lituani ai portoghesi, passando per gli ungheresi, i rumeni, i francesi, i tedeschi, gli italiani, ecc. Di seguito alcuni documenti su questa impresa di acquisto (a basso prezzo) delle coscienze. - -Ayman El Hakim

 

Elnet, un agente di influenza filoisraeliano nel cuore del Parlamento francese

Dal 2017, questa lobby ha inviato in Israele, spese pagate, un centinaio di parlamentari. Il suo amministratore delegato sostiene di aver fatto «più del [suo] dovere» nel sostenere «l'immensa maggioranza» dell'Assemblea nazionale e del Senato nei confronti dello Stato ebraico dal 7 ottobre.

Pauline GraulleMediapart, 29/12/2024
Tradotto da Tlaxcala

Nelle foto posano sorridenti davanti al Muro del Pianto, concentrati in una sala riunioni del ministero degli Esteri israeliano o con espressione grave durante una visita a un kibbutz attaccato da Hamas il 7 ottobre... Nel corso degli anni, queste immagini di deputati e senatori francesi sono apparse a decine sul sito web di Elnet – acronimo di «European Leadership Network» , un'associazione ben nota alla maggior parte dei parlamentari che ricevono regolarmente le sue e-mail con inviti a viaggi in Israele.

Sulla carta, questi soggiorni, interamente finanziati da Elnet – occorrono 4.000 euro per quattro giorni, hotel e viaggio in aereo compresi –, hanno tutto per attirare i politici: offrono incontri “di alto livello” con intellettuali, ambasciatori o ufficiali dell'esercito israeliano, ma anche visite alla Knesset, al memoriale di Yad Vashem o alle basi militari al confine con la Palestina...


”Con la vostra presenza, contribuirete a rafforzare le relazioni strategiche bilaterali tra due paesi [...] che condividono gli stessi valori [e] hanno gli stessi nemici”, scriveva l'organizzazione nell'estate del 2021 in una mail inviata a trentaquattro parlamentari macronisti, Les Républicains (LR), centristi e socialisti, alla vigilia della loro partenza per lo Stato ebraico. Un viaggio durante il quale hanno potuto incontrare un ex numero due del Mossad per discutere delle questioni di sicurezza del Paese, o Benjamin Netanyahu, allora capo dell'opposizione, che ha riassunto in una sola parola la ricetta del «miracolo israeliano»: il «capitalismo».

Nel marzo 2023, quindici deputati LR si sono recati nuovamente a Gerusalemme per ascoltare, tra l'altro, un comandante della polizia che ha presentato loro il sistema di videosorveglianza con riconoscimento facciale della città vecchia e per guardare con lui il video di un attentato compiuto poche settimane prima dai palestinesi. Due mesi prima, mentre si moltiplicavano le manifestazioni contro la controversa riforma della giustizia di Netanyahu, era stata la volta dei deputati macronisti di ascoltare un deputato del Likud assicurare loro che il governo non avrebbe in alcun caso leso le libertà fondamentali…

Dopo il 7 ottobre, Elnet ha rafforzato la sua azione. Solo otto giorni dopo i massacri commessi da Hamas, l'organizzazione ha inviato dieci deputati LR e Renaissance – insieme a Manuel Valls, recentemente nominato ministro d’oltremare [colonie] – a visitare la base militare di Shurah, a sud di Tel Aviv, dove giacevano i corpi di 300 vittime non ancora identificate, a incontrare le famiglie degli ostaggi e a parlare con i sopravvissuti all'ospedale Ichilov. «Mentre l'attenzione dei media si concentra sulle immagini della distruzione a Gaza, è ancora più importante che i decisori europei vedano la realtà sul campo dal punto di vista israeliano per contribuire a mantenere il necessario sostegno da parte dei principali alleati europei», ha commentato Elnet dopo la visita.

Nel gennaio 2024, mentre il numero dei morti a Gaza sfiorava i 25.000, una delegazione di 22 senatori, tra cui Francis Szpiner, Loïc Hervé e Françoise Gatel, ministro dei governi Barnier e Bayrou, ha pubblicato un editoriale al ritorno dal viaggio con Elnet: «Questo viaggio ha rafforzato il nostro attaccamento alla società israeliana e la nostra profonda convinzione che Israele [...] sia in prima linea in una guerra di civiltà contro la barbarie», hanno scritto.

Un lungo lavoro di influenza

Creata nel 2010, la sezione francese di Elnet – che ha anche sedi in Belgio, Regno Unito, Germania e Italia – ha sede a pochi metri dall'Assemblea Nazionale, in rue Saint-Dominique. Una posizione strategica per l'ONG, che dichiara di essere finanziata «al 100%» da contributi privati (vedi allegati) e che ha l'ambizione di «rafforzare il dialogo diplomatico, politico e strategico tra Francia e Israele».

Dietro questo obiettivo, Elnet fatica a nascondere la sua simpatia per il governo di estrema destra guidato da Netanyahu. Ancora di più dall'inizio della guerra a Gaza, che diverse organizzazioni internazionali, tra cui Amnesty International, definiscono ormai un «genocidio». «È una lobby che ha una certa importanza», riassume il senatore socialista Rachid Temal, autore di un rapporto pubblicato a luglio sulle influenze straniere, che sottolinea che «l'associazione, come tutte le altre lobby, ha il diritto di esercitare la propria influenza purché lo dichiari».

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Una regolarizzazione molto tardiva presso l'HATVP

Nonostante la legge Sapin del 2016 sulla lotta alla corruzione, che obbliga i rappresentanti di interessi a registrarsi come tali presso l'Alta Autorità per la trasparenza della vita pubblica (HATVP), Elnet ha impiegato otto anni per registrarsi presso l'istituzione.

Un'incongruenza che non era sfuggita alla senatrice UDI Nathalie Goulet che, durante le discussioni sulle influenze straniere al Palazzo del Lussemburgo quest'estate, aveva osservato che «alcuni organismi che invitano regolarmente i parlamentari in viaggio [...] non figurano nell'elenco di queste lobby, Elnet per non citarne uno».

Interrogata il 21 novembre da Mediapart sui motivi per cui non si era ancora dichiarata all'HATVP, l'associazione ha risposto: «Non ritenevamo di rientrare nella categoria dei rappresentanti di interessi. Al fine di garantire la nostra conformità alla legge, abbiamo incontrato l'HATVP e abbiamo concordato con i suoi responsabili che dovevamo dichiararci come tali. La procedura è quindi in corso». Contattata a sua volta su questo punto, l'HATVP ha dichiarato di «non poter fornire ulteriori informazioni». Per una fortunata coincidenza, Elnet è finalmente apparsa nel registro... cinque giorni dopo la nostra richiesta.

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Il 23 settembre, in un'intervista al media online Qualita, un canale destinato ai francesi immigrati in Israele, il presidente di Elnet-France, Arié Bensemhoun, si è apertamente congratulato per l'influenza della sua organizzazione sul microcosmo politico francese.

«Rimango relativamente ottimista sulla capacità di cambiare i parametri del discorso diplomatico», ha affermato. Da un lato c'è la diplomazia ufficiale, dall'altro c'è la diplomazia parlamentare. Ricordo che la stragrande maggioranza del parlamento [francese] sostiene Israele [...] nella sua lotta contro Hamas e Hezbollah, e questo è il risultato di decenni di lavoro svolto da alcuni, da altri, noi abbiamo fatto più che la nostra parte”.

Di fatto, dal 2017, i dibattiti sul conflitto israelo-palestinese hanno gradualmente cambiato tono in un'Assemblea nazionale che fino ad allora aveva mostrato una linea piuttosto benevola nei confronti della causa palestinese, in sintonia con il Quai d'Orsay. Tra il voto, nel 2019, di una risoluzione che condanna qualsiasi discorso « antisionista » in quanto automaticamente antisemita, l'accusa, in piena aula, contro l'avvocato franco-palestinese Salah Hamouri nel 2022, le dimissioni del presidente del gruppo Francia-Palestina, privato della parola durante un dibattito sull'« apartheid » in Israele, e il “sostegno incondizionato” allo Stato ebraico decretato dalla presidente dell'Assemblea nazionale Yaël Braun-Pivet nel 2023, è poco dire che l'atmosfera è cambiata.

Da qui a vedere la mano di Elnet? L'associazione non ha comunque perso tempo per influenzare le rappresentanze dei parlamentari francesi negli ultimi anni. Interrogata da Mediapart, l'ONG dichiara di «non tenere i conti», ma stando alle dichiarazioni ufficiali dei deputati e dei senatori – tenuti a rendere pubblica «ogni accettazione di un invito a un viaggio da parte di una persona giuridica o fisica di cui hanno beneficiato in ragione del loro mandato» , dal 2017 sono stati organizzati 55 viaggi per deputati e 46 per senatori.

A queste cifre si aggiungono i viaggi di andata e ritorno effettuati ma non dichiarati: in totale, un centinaio di parlamentari sono così partiti per Israele con Elnet, che è diventata di gran lunga la prima organizzazione a esercitare influenza attraverso i viaggi dei parlamentari.

Tifosi nella Macronia e tra le fila della LR

Alcuni parlamentari sono persino diventati habitué di Elnet. Tra i macronisti, la deputata di Renaissance des Français d'Israël, Caroline Yadan, ma anche la sua collega dell'Hauts-de-Seine Constance Le Grip o ancora il ministro degli Affari europei Benjamin Haddad hanno effettuato diversi viaggi di andata e ritorno. Ferventi difensori del “diritto di Israele a difendersi” dal 7 ottobre, tutti appartengono al gruppo di amicizia Francia-Israele e assumono una forma di proselitismo filoisraeliano nelle file del campo presidenziale.

È anche il caso dell'ex presidente del gruppo di amicizia Francia-Israele (dal 2019 al 2023), oggi ministro delegato per la parità tra donne e uomini e la lotta contro le discriminazioni, Aurore Bergé, che è stata una delle prime a beneficiare dei viaggi Elnet. Nel luglio 2018, subito dopo il suo ingresso al Palais-Bourbon, la giovane deputata degli Yvelines ha fatto parte di una delegazione Elnet di trentuno parlamentari ricevuti per una discussione definita “costruttiva” con Benjamin Netanyahu.

Da allora, colei che giudica questa associazione “utile per combattere il flagello dell'antisemitismo, tanto più in questo momento in cui sta riemergendo”, è tornata almeno due volte con Elnet. L'ultimo viaggio risale al 7 ottobre 2024, in occasione delle commemorazioni degli attacchi mortali di Hamas, insieme ai colleghi Caroline Yadan e Sylvain Maillard. Dal luogo del massacro del festival Nova, hanno colto l'occasione per difendere una posizione pienamente conforme a quella del Ministero degli Affari Esteri in merito alla fornitura di armi a Israele.

Sempre a destra, Elnet trova diversi altri sostenitori, come il vicepresidente (UDI) del Senato Loïc Hervé, Meyer Habib, “amico personale” di Netanyahu, ma anche i deputati LR Michèle Tabarot, Roger Karoutchi, Karl Olive – oggi vicino a Emmanuel Macron – o Pierre-Henri Dumont. L'ex presidente della commissione affari internazionali dell'Assemblea – che ha perso il suo seggio nel 2024 – non ha mai esitato a farsi ambasciatore dell'organizzazione: «È un onore far parte della delegazione di Elnet», ha recentemente affermato in un messaggio calibrato, debitamente diffuso sui social network dall'organizzazione.

Al contrario, molti deputati non apprezzano le insistenti richieste di Elnet. Il deputato macronista Ludovic Mendès riferisce di essere stato avvicinato dal CEO di Elnet-France due anni fa, durante una cena del Crif (Consiglio rappresentativo delle istituzioni ebraiche di Francia). Ma «non se ne parla di andare da nessuna parte con un'organizzazione finanziata da chissà chi e che promuove una linea religiosa o politica», assicura a Mediapart. Quando vado in Israele, voglio poter andare dove voglio, anche dalla parte palestinese”. Anche un'ex deputata vicina a Gabriel Attal racconta di aver rifiutato le proposte dell'ONG: ‘Ho un'etica’, dice.

Tra le fila socialiste, anche l'ex deputata Valérie Rabault e il deputato Jérôme Guedj, entrambi membri del gruppo Francia-Israele all'Assemblea, hanno deciso di non rispondere alle richieste di Elnet, per paura di potenziali «ingerenze». Il deputato Liot (Libertà, indipendenti, oltremare e territori), ex vicepresidente del Palais-Bourbon incaricato delle questioni deontologiche, David Habib, ha invece deciso di giocare a carte scoperte: ha effettivamente partecipato a un viaggio con Elnet, ma ha pagato tutte le spese di tasca propria.

Rimangono infine i partecipanti che accettano i viaggi ma dicono di “non essere ingannati” sui suoi obiettivi. “Elnet fa soft power e chiaramente non è lì per portare un messaggio critico su Israele. Ma questi viaggi rimangono interessanti”, ritiene il macronista Mounir Belhamiti, membro della commissione difesa dell'Assemblea nazionale, che si è recato una volta in Israele al momento della legge di programmazione militare, ma ha rifiutato di tornarci dopo il 7 ottobre.

Una posizione condivisa dal suo collega Christophe Marion, che si è recato due volte in Israele con Elnet: «È un po' come i viaggi in URSS negli anni '30, sorride, anche se permette di comprendere meglio la complessa situazione nella regione. Non ho problemi ad andarci, purché non mi venga chiesto di sostenere determinate posizioni al mio ritorno». Tuttavia, il politico riconosce che probabilmente si porrebbe più domande se l'organizzazione gli proponesse di tornarci oggi.

Il bersaglio dell'«estrema sinistra»

Definendosi un «think tank per il dialogo strategico tra Francia e Israele», Elnet assicura di limitarsi a promuovere «la democrazia, la libertà, la giustizia e la pace» in modo «indipendente» e «apolitico».

Arié Bensemhoun, presidente di Elnet-France, non parla però d'altro che di politica. Sia su Radio J, dove tiene una rubrica regolare, sia su CNews, è ben lungi dall'avere una visione « apolitica » del conflitto in Medio Oriente.

Così, all'indomani della decisione dei giudici della Corte penale internazionale (CPI) di emettere un mandato di arresto internazionale contro il primo ministro israeliano, ha scritto su X: «Le accuse mosse [...] non si basano su nulla, nessuna prova, se non le false affermazioni delle ONG al soldo degli islamisti e dei terroristi di Hamas e dell'Autorità palestinese [...]. Come un tempo davanti ai nazisti, le nazioni si sono piegate davanti agli islamisti che vogliono distruggere le nostre società libere e democratiche».

A metà settembre, mentre l'Unicef contava più di 43.000 morti, tra cui oltre 14.100 bambini nella Striscia di Gaza, Arié Bensemhoun spiegava anche su Radio J che «i civili palestinesi che ci vengono presentati come innocenti non sono tutti innocenti. Nessuno può immaginare che i nazisti abbiano potuto fare tutto ciò che hanno fatto senza che tutto o parte del popolo fosse complice. È la stessa cosa per i palestinesi di Gaza», affermava colui che da un anno denuncia «le ONG vendute ad Hamas».

In Francia, attacca anche gli «islamisti», gli «estremisti di sinistra» e altri «wokisti». «L'estrema sinistra» rimane infatti il bersaglio privilegiato dell'ex presidente dell'Unione degli studenti ebrei di Francia (UEJF) di Tolosa (Alta Garonna), a cominciare da La France insoumise (LFI) e dalla sua «ossessione antiebraica» che Arié Bensemhoun critica aspramente nei suoi editoriali. Qualche giorno fa è stato Dominique de Villepin a farne le spese, come testimonia questo testo pubblicato sul sito di Elnet, dopo le dichiarazioni dell'ex primo ministro.

Il 16 ottobre, il direttore di Elnet-France si è anche permesso di inviare una lettera aperta alla presidente dell'Assemblea nazionale per chiedere «solennemente» a Yaël Braun-Pivet di «pronunciare sanzioni disciplinari» nei confronti del vicepresidente del Gruppo di amicizia Francia-Israele, Aymeric Caron.

Secondo lui, l'Insoumis avrebbe “un ruolo cinico e preponderante nella legittimazione dell'odio verso gli ebrei nel nostro Paese” per aver diffuso video “non verificati” dei massacri a Gaza o aver paragonato l'esercito israeliano al “mostro nazista”. Secondo le nostre informazioni, Yaël Braun-Pivet ha respinto la richiesta del leader di Elnet. Il suo entourage ha tuttavia rifiutato di farci leggere la lettera.

Parigi, 18-19 maggio 2025, un appuntamento da non perdere

Elnet Italia



Roberta Anati




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➤ Lista degli agenti dell’Entità sionista in Italia e dei loro collaboratori – aggiornata al 18.09.2024

24/04/2025

TLAXCALA
Perché non piangiamo Bergoglio

Gruppo di  traduttori·trici Tlaxcala, 23/4/2025

A tre giorni dal richiamo del Santo Padre al suo creatore, lo tsunami di lacrime che ha investito gran parte del pianeta ci ha costretto a prendere in mano le nostre tastiere e a dire: basta così!

Ascoltando e leggendo i commenti sul Papa scomparso, si rimane senza parole: tutti, dal cantante rivoluzionario cubano all'ex guerrigliera urbano e prigionieraitaliana, per non parlare degli ex consiglieri di presidenti antimperialisti, non fanno altro che elogiare il gesuita bonaerense che si è travestito da francescano e ha chiesto di essere sepolto sotto una lapide con la semplice scritta “Franciscus”. In tutti questi elogi, nemmeno un grammo di critica. Eppure, ci sono tante cose da dire.

Ma in che modo Bergoglio è stato rivoluzionario? In che modo ha apportato il minimo cambiamento evidente all'apparato di cui è stato a capo per 11 anni? La Chiesa cattolica apostolica e romana ha forse cessato, sotto il suo regno, di essere la tentacolare organizzazione criminale che è stata per troppi secoli? Diamo un'occhiata più da vicino.

Denaro sporco

Nel 2014, Bergoglio ha annunciato che qualsiasi mafioso sarebbe stato scomunicato. In Vaticano è stata istituita una commissione. Risultato: niente. La commissione è stata sciolta. Il motivo ufficiale: la mafia è un affare prettamente italiano, e spetta alla Conferenza episcopale italiana occuparsene. La Conferenza ha quindi istituito un “gruppo di studio” In altre parole, la scomunica è stata consegnata all'oblio.

Dopo il fallimento del Banco Ambrosiano, che il Vaticano utilizzava per riciclare il denaro della droga in tutto il mondo, fu creato il Nuovo Banco Ambrosiano. È scomparso senza lasciare traccia. D'ora in poi, è l’IOR a gestire i miliardi dell'Organizzazione, scusate, della Santa Sede. In modo altrettanto poco trasparente.

Il Francesco storico a cui Bergoglio si riferiva, quello di Assisi, aveva fisicamente rotto con le ricchezze, le merci e il denaro: una domenica, nella piazza principale di Assisi, si spogliò nudo, gettando via le pellicce e il puntale di seta. Bergoglio non è mai stato visto esibirsi in un simile spogliarello.

Pedocriminalità

l Francesco storico aveva una fidanzata. Si chiamava Chiara e dopo la sua morte divenne la patrona dell'Italietta. La sua presenza senza dubbio impediva a Francesco di prendersela con i bambini e le bambine. Bergoglio, da parte sua, non si è discostato dalla dottrina del celibato dei sacerdoti cattolici, l'unico clero sulla terra a cui è vietato copulare e sposarsi, a differenza dei pastori protestanti, dei sacerdoti ortodossi, dei rabbini, degli imam, degli ayatollah e dei bramini. E per quanto riguarda la pulizia delle stalle, se il povero gesuita avesse mai lanciato una grande operazione di pulizia, si sarebbe trovato tutto solo nei conclavi.



L'utero delle donne

Sotto Bergoglio, l'Organizzazione è rimasta sorda e cieca di fronte al diritto delle donne di disporre del proprio utero come meglio credono. Il suo potere di fare la legge è rimasto quasi intatto in America Latina. Due esempi eloquenti: la coppia al potere in Nicaragua, gli Ortegas, continua a opporsi alla liberalizzazione dell'aborto in seguito a un accordo con i vertici della Chiesa; la candidata di sinistra dell'Ecuador, Luisa González, ha espresso la sua opposizione all'aborto. Gli esempi potrebbero essere moltiplicati. Non c'è nulla di sorprendente: la ventina di università gesuite sparse per l'America Latina sono attente a formare élite formatate per garantire che "tutto cambi senza che nulla cambi".

Cambiamenti sociali, poveri, migranti

Negli elogi al pontefice si è parlato molto del suo “impegno” per i poveri e i migranti, dimenticando un fatto fondamentale: la Chiesa cattolica non è più una macchina bianca ed eurocentrica. I sacerdoti eurobianchi stanno scomparendo. Per continuare a funzionare, la Chiesa, come le altre macchine del potere bianco, deve reclutare sempre più persone dal Sud del mondo,  quindi è fondamentale che si batta per la “libera circolazione” delle vocazioni. Ed è fondamentale che si assicuri di sorvegliare e formare le nuove generazioni del Sud tentate da rivolte logiche.

Insomma, per concludere: no, Bergoglio non è stato un nuovo Che Guevara, checché ne pensino i·le nostr·e compagni·e piagnoni·e. Risparmiate le vostre lacrime per i martiri senza voce, senza nome, senza sepoltura.

Joep Bertrams


حول مجازر الساحل السوري About the massacres on the Syrian coast À propos des massacres sur la côte syrienne Sobre las masacres en la costa siria


حول مجازر الساحل السوري
تقرير لجنة المتابعة الإنسانية وحقوق الإنسان (سوريا)

Human Rights and Humanitarian Monitoring Committee (Syria)
Sectarian cleansing as a policy of governance
About the massacres on the Syrian coast
Report April 22,2025

Le nettoyage sectaire comme politique de gouvernance
À propos des massacres sur la côte syrienne
Rapport de la Commission de suivi des droits humains et de la situation humanitaire (Syrie)
22/04/2025

La limpieza sectaria como política de gobernanza
Sobre las masacres en la costa siria
Informe del Comité de Seguimiento de los Derechos Humanos y la Situación Humanitaria (Siria)
22-04-2025

23/04/2025

TLAXCALA
Por qué no lloramos a Bergoglio

Grupo de traductor@s Tlaxcala, 23-4-2025

Tres días después de que el Santo Padre fuera llamado a su creador, el tsunami lagrimal que  recorre gran parte del planeta nos obliga a coger nuestros teclados para escribir: “¡Basta Ya!”


 "El último revolucionario": portada del diario Domani (Mañana)

Escuchando y leyendo los comentarios sobre el difunto Papa, nos quedamos sin palabras: todos, desde el cantante revolucionario cubano hasta la ex guerrillera urbana y rea italiana, pasando por antiguos asesores de presidentes antiimperialistas, no tienen más que elogios para el jesuita bonaerense que se disfrazó de franciscano y pidió ser enterrado bajo una lápida con la sencilla inscripción “Franciscus”. En todos estos elogios, ni un ápice de crítica. Sin embargo, hay tantas cosas que decir.

A ver: ¿en qué ha sido revolucionario Bergoglio? ¿De qué manera introdujo el más mínimo cambio perceptible en el aparato del que ha sido jefe durante 11 años? ¿Dejó de ser la Iglesia Católica apostólica y  Romana bajo su reinado la organización criminal tentacular que ha sido durante demasiados siglos? Veámoslo más de cerca.

Dinero sucio

En 2014, Bergoglio anunció que todo mafioso sería excomulgado. Se creó una comisión en el Vaticano. Resultado: nada. La comisión fue disuelta. Razón oficial: la mafia es un asunto estrictamente italiano, y le corresponde a la Conferencia Episcopal Italiana ocuparse de ella. Para eso la dicha Conferencia creó un “grupo de estudio”. Manera clásica de enterrar un problema.

Tras la quiebra del Banco Ambrosiano, que utilizaba el Vaticano  para blanquear dinero procedente de la droga en todo el mundo, se creó el Nuovo Banco Ambrosiano. Desaparecido sin dejar rastro. En adelante, es el IOR quien gestiona los miles de millones de la Organización, perdón, de la Santa Sede. De igual manera poco transparente.

El Francesco histórico al que se refería Bergoglio, el de Asís, rompió físicamente con la riqueza, las mercancías y el dinero: un domingo, en la plaza principal de Asís, se empelotó, despojándose de sus pieles y de su pechera de seda. Nunca se vio a Bergoglio realizar semejante striptease.

Pedocriminalidad

El histórico Francesco tenía novia. Se llamaba Chiara y, tras la muerte de Francesco, devino la patrona de la Italieta. Su presencia impidió sin duda que Francesco se metiera con niños y niñas. Bergoglio, por su parte, no se apartó de la doctrina del celibato de los curas católicos, único clero de la tierra al que se le prohíbe copular y casarse, a diferencia de los pastores protestantes, los sacerdotes ortodoxos, los rabinos, los imanes, los ayatolás y los brahmanes. Y en cuanto a la limpieza de los establos, si el pobre jesuita hubiese lanzado jamás una verdadera gran operación de limpieza, se habría visto muy  solito en los cónclaves.


El papa: “El aborto es como contratar a un sicario, no es un acto civil”

Vientres de mujer

Bajo Bergoglio, la Organización ha permanecido sorda y ciega ante el derecho de las mujeres a disponer de sus vientres como mejor les parezca. Su poder para imponer la ley se ha mantenido casi intacto en América Latina. Dos ejemplos elocuentes: la pareja reinante en Nicaragua, los Ortega, siguen oponiéndose a la liberalización del aborto tras un acuerdo con la cúpula de la Iglesia; la candidata de la izquierda en Ecuador, Luisa González, ha expresado su oposición al aborto. Los ejemplos podrían multiplicarse. No tiene nada de sorprendente: la veintena de universidades jesuitas repartidas por América Latina se esmeran en formar élites formateadas para hacer que “todo cambie sin que nada cambie”.

Cambio social, pobres, migrantes

En los panegíricos por el pontífice, se habló mucho de su "compromiso" con los pobres y los migrantes, olvidando un hecho básico: la Iglesia católica ya no es una máquina eurocéntrica blanca. Los sacerdotes euroblancos están desapareciendo. Para seguir funcionando, la Iglesia, como las demás maquinarias del poder blanco, debe reclutar cada vez más gente del Sur del mundo, por lo que es vital que haga campaña a favor de la “libre circulación” de vocaciones. Y es vital que se asegure de supervisar y formatear a las nuevas generaciones del Sur tentadas por revueltas lógicas.

En resumen, para concluir: no, Bergoglio no era un nuevo Che Guevara, a pesar de tod@s nuestr@s compañer@s lloron@s. Guardad vuestras lágrimas para los mártires sin voz, sin nombre, sin sepultura.


Joep Bertrams


TLAXCALA
Pourquoi nous ne pleurons pas Bergoglio

Groupe de traducteur·rices Tlaxcala, 23/4/2025

Trois jours après que le Saint Père a été rappelé à son créateur, le tsunami lacrymatoire qui a déferlé sur une grande partie de la planète nous oblige à prendre nos claviers pour dire : ça suffat comme ci !


 "Le dernier révolutionnaire": la Une du quotidien Domani (Demain)

En écoutant et en lisant les commentaires sur le défunt pape, nous restons en effet bouche bée : tous et toutes, du chanteur révolutionnaire cubain à l’ancienne guérillera urbaine et prisonnière italienne en passant par des anciens conseillers de présidents antiimpérialistes, n’ont que de louanges pour le jésuite bonaerense qui s’était travesti en franciscain et a demandé à être enterré sous une pierre portant simplement : « Franciscus ». Dans tous ces éloges funèbres, pas une once de critique. Et pourtant, il y en aurait des choses à dire.

Mais en quoi Bergoglio a-t-il été un révolutionnaire ? En quoi a-t-il apporté le moindre changement notable à l’appareil dont il a été le chef pendant 11 ans ? L’Église catholique apostolique et romaine a-t-elle cessé sous son règne d’être l’organisation criminelle tentaculaire qu’elle est puis trop de siècles ? Faisons une revue de détail.

L’argent sale

En 2014, Bergoglio a annoncé que tout mafieux serait excommunié. Une commission a été créée au Vatican. Résultat : rien de rien. La commission a été dissoute. Raison officielle : la mafia est une affaire strictement italienne, dont c’est à la Conférence épiscopale italienne de s’occuper de l’affaire. Laquelle conférence a donc créé un « groupe d’étude ». Autrement dit, l’excommunication a été envoyée aux oubliettes.

Après la faillite du Banco Ambrosiano qui servait au Vatican pour blanchir l’argent de la drogue au niveau planétaire, on a créé le Nuovo Banco Ambrosiano. Disparu sans laisser de traces. Désormais, c’est l’IOR qui gère les milliards de l’Organisation, pardon, du Saint-Siège. De manière tout aussi peu transparente.

Le Francesco historique auquel Bergoglio se référait, celui d’Assise, avait physiquement rompu avec la richesse, la marchandise, le fric : un dimanche, sur la grand-place d’Assise, il s’était carrément foutu à poil, se débarrassant de ses fourrures et de son pourpoint en soie. On n’a jamais vu Bergoglio effectuer un tel strip-tease.

La pédocriminalité

Le Francesco historique avait une petite copine. Elle s’appelait Chiara et elle est devenue après sa mort la sainte patronne de l’Italietta. Sa présence a sans doute évité à Francesco de s’en prendre aux petits garçons et aux petites filles. Bergoglio, lui, n’a pas dévié de la doctrine du célibat des prêtres catholiques, le seul clergé sur terre interdit de copulation et de mariage, à la différence des pasteurs protestants, des prêtres orthodoxes,  des rabbins, des imams, des ayatollahs et des brahmanes. Et quant à nettoyer les écuries, le pauvre jésuite, si jamais il avait lancé une véritable grande opération de nettoyage, se serait retrouvé bien seul dans les conclaves.


Le pape : « Avorter, c'est comme engager un tueur à gages, ce n'est pas un acte civil »

Le ventre des femmes

Sous Bergoglio, l’Organisation est restée sourde et aveugle au droit des femmes à disposer de leur utérus comme elles l’entendent. Son pouvoir de faire la loi est resté presque intact en Amérique Latine. Deux exemples parlants : le couple régnant au Nicaragua, les Ortega, continuent à s’opposer à une libéralisation de l’avortement suite à un deal avec le gratin de l’Église ; la candidate de gauche en Équateur, Luisa González, a exprimé son opposition à l’avortement. On pourrait multiplier les exemples. Rien d’étonnant à cela : la vingtaine d’universités jésuites disséminées dans toute l’Amérique latine veillent à éduquer des élites formatées pour veiller à « tout changer sans que rien ne change ».

Le changement social, les pauvres, les migrants

Dans les éloges funèbres du pontife, on a beaucoup parlé de son « engagement » pour les pauvres et les migrants, en oubliant une donnée de base : l’Église catholique n’est plus une machine eurocentrée blanche. Les prêtres euroblancs sont en voie de disparition. Pour continuer à fonctionner, elle doit donc, comme les autres machines de pouvoir blanc, recruter toujours plus au Sud du monde, donc il est vital pour elle de militer en faveur de la « libre circulation » des vocations. Et il est vital pour elle de veiller à encadrer et formater les nouvelles générations du Sud tentées par des révoltes logiques.

Bref, pour conclure : non, Bergoglio n’était pas un nouveau Che Guevara, n’en déplaise à tou·tes nos camarades pleureur·ses. Gardez vos larmes pour les martyrs sans voix, sans nom, sans sépulture.

Joep Bertrams


22/04/2025

DAHLIA SCHEINDLIN
Coup d’État, crimes et conspiration : les accusations les plus choquantes du chef du Shin Bet à l’encontre de Netanyahou

Dahlia Scheindlin, Haaretz, 22/4/2025

Traduit par Fausto GiudiceTlaxcala

La déclaration sous serment choquante de Ronen Bar à la Haute Cour de justice, qui met en lumière les exigences présumées du Premier ministre Benjamin Netanyahou en matière de loyauté totale à son égard, révèle tout ce qui ne va pas dans la gouvernance israélienne [ou du moins une petite partie, NdT].
Une manifestante brandit une pancarte anti-Netanyahou faisant référence aux otages toujours détenus à Gaza, à Tel Aviv au début du mois. Photo Tomer Appelbaum

La déclaration sous serment que Ronen Bar, chef du service de sécurité du Shin Bet, a soumise lundi à la Haute Cour de justice d’Israël pour éviter son licenciement est une documentation douloureuse sur les désastres passés, présents et futurs d’Israël. Les désastres vont du spécifique et choquant au profondément alarmant, voire à l’image dystopique de l’avenir, en fonction de ce qui se passe ensuite.

Rappelons ce qui s’est passé jusqu’à présent : le mois dernier, Netanyahou a annoncé son intention de démettre Bar de ses fonctions, affirmant qu’il n’avait plus confiance dans le chef du Shin Bet. Le procureur général Gali Baharav-Miara a émis un avis indiquant que la décision du premier ministre était “entachée d’un conflit d’intérêts personnel” en raison de ses liens et de ses intérêts personnels dans l’affaire du Qatargate et des BibiLeaks sur lesquels le Shin Bet enquête. Des citoyens israéliens ont déposé des pétitions auprès de la Haute Cour contre la décision de Netanyahou, l’accusant d’agir pour des raisons politiques personnelles.

À l’issue d’une audience qui s’est tenue il y a deux semaines, la Cour a suspendu le rejet de la requête jusqu’à ce que les deux parties puissent présenter de nouvelles déclarations sous serment, espérant sans doute qu’un compromis pourrait être trouvé.

Mais il n’y a pas de courtoisie en Israël aujourd’hui. La déclaration sous serment de 11 pages de Bar (avec une annexe confidentielle de 31 pages) a développé les arguments qu’il avait écrits dans une lettre soumise à la Haute Cour avant l’audience. Dans ce nouveau document, il a dressé une liste trop familière de ce qu’il prétend être les efforts du premier ministre pour politiser l’agence de sécurité intérieure à ses propres fins. Certains des nouveaux détails sont stupéfiants.


Le chef du Shin Bet, Ronen Bar (à g.), et son homologue du Mossad, David Barnea, lors d’une cérémonie officielle à Jérusalem.

Blessures immédiates

Dans sa lettre précédente,  Bar a accusé Netanyahou d’exiger qu’il fournisse des justifications, fondées sur des considérations de sécurité, qui empêcheraient le premier ministre de témoigner devant le tribunal dans son affaire de corruption (Bar a refusé). Aujourd’hui, Bar écrit que le premier ministre a littéralement essayé de le forcer à signer ce qui ne peut être décrit que comme un faux document dans ce même but – “écrit par le premier ministre ou quelqu’un en son nom” - et à le présenter comme son opinion professionnelle.

La présente déclaration sous serment ajoute des détails significatifs à une ligne énigmatique de la lettre préalable à l’audience concernant la description par Bar des attentes d’un acteur anonyme à l’égard de l’agence en ce qui concerne les citoyens israéliens. Aujourd’hui, Bar affirme que Netanyahou lui a demandé d’espionner les manifestants pro-démocratie au plus fort de leurs manifestations en 2023, même s’il n’y avait aucun soupçon d’actes secrets impliquant de la violence. Cela déclencherait une telle surveillance au-delà de l’activité criminelle ordinaire qui serait traitée par la police.

Néanmoins, Bar affirme que le premier ministre a clairement indiqué qu’il était censé suivre les activités des manifestants et fournir l’identité des activistes, des dirigeants et des “bailleurs de fonds des manifestations”. En d’autres termes, l’agence de sécurité intérieure israélienne serait déployée pour étouffer l’opposition politique en Israël. Bar affirme avoir refusé.

En ce qui concerne l’enquête criminelle en cours du Shin Bet sur le Qatargate, le scandale entourant les associés de Netanyahou qui auraient bénéficié de pots-de-vin de la part de l’État du Golfe, Bar est cinglant. Il répète que cette enquête et l’affaire BibiLeaks - dans laquelle le cercle proche de Netanyahou est accusé d’avoir divulgué des documents classifiés de l’armée israélienne à un journal allemand afin de promouvoir la thèse du gouvernement selon laquelle le Hamas est responsable de l’échec de l’accord sur les otages - ont été les tournants qui ont déclenché son licenciement. Le premier ministre lui-même a décrit le Qatar comme un “État soutenant le terrorisme”, écrit Bar.

Les enquêtes concernant les conseillers de Netanyahou, ajoute Bar en termes très clairs, « soulèvent les soupçons les plus lourds quant à l’atteinte grave à la sécurité de l’État ... à l’atteinte aux négociations pour la libération des otages, au renforcement du Hamas et à l’atteinte aux relations d’Israël avec l’Égypte ».

Des manifestants contre le Premier ministre Benjamin Netanyahu, lundi. La pancarte principale indique en anglo-hébreu « Netanyahou et Levin, ne mettez pas notre patriotisme à l’épreuve » [sic]

Les dégâts démocratiques

Mais le désastre est encore plus profond. D’autres parties de la déclaration sous serment de Bar montrent comment le gouvernement s’attaque non seulement à des institutions essentielles, mais aussi aux valeurs et aux principes directeurs qui définissent une démocratie.

Un exemple concerne l’affirmation précédente selon laquelle le premier ministre attendait de l’agence qu’elle espionne les manifestants politiques - des citoyens israéliens. Bar note que Netanyahou a discuté à plusieurs reprises de ce sujet après des réunions de travail, alors qu’il avait déjà renvoyé le secrétaire militaire et le sténographe - tenant des conversations qui n’ont jamais pu être documentées, un coup porté à la transparence et à la responsabilité.

La partie la plus étonnante de cette section est presque une réflexion après coup : « À propos des conversations sur les manifestations, écrit Bar, il m’a été clairement expliqué qu’en cas de crise constitutionnelle, je devais obéir au premier ministre et non à la Haute Cour ». En d’autres termes, Bar, un professionnel nommé pour des raisons non politiques, devait placer un patron politique au-dessus de la loi. Bar assure au tribunal que les détails sont fournis dans le document classifié, ce qui n’est pas un grand argument. Cependant, si cela est vrai, Netanyahou fait le premier pas pour garantir la loyauté des agences de sécurité envers l’autocrate en cas de coup d’État constitutionnel.

Un autre témoignage de la détérioration du discours démocratique en Israël est fourni par une section entière de la déclaration sous serment de Bar, consacrée à des théories de conspiration selon lesquelles l’agence avait « une connaissance préalable du massacre du 7 octobre » mais n’a pas alerté le premier ministre. Il est pénible de lire la reconstitution post-traumatique des actions du Shin Bet entre 23 heures le 6 octobre et le matin du 7 octobre, alors qu’il tente de démonter ces accusations. Bar lui-même admet que l’agence n’a pas réussi à contrecarrer l’attaque du Hamas, comme il l’a fait 10 jours seulement après les faits, déclarant que « la responsabilité m’en incombe ».

Mais il est encore plus incroyable de lire son démembrement des conspirations : « Ces affirmations sont des mensonges et ne représentent rien de moins qu’une incitation institutionnalisée contre moi et contre l’organisation. ... L’attaque n’ a pas été “coordonnée par nous”, nos équipes n’ont pas été “envoyées [à la frontière] uniquement pour sauver des employés du Shin Bet”, et cette nuit-là, il n’ y a pas eu “d’informations cachées à l’establishment de la sécurité et non au premier ministre” » (c’est lui qui souligne). Si Bar a ressenti le besoin d’aborder ces conspirations dans la procédure judiciaire, il a clairement vu la main cachée du premier ministre derrière elles.

"Bibi, il ment - ils meurent" : un manifestant tient une pancarte anti-Netanyahou lors d’une manifestation dans le centre d’Israël samedi.

Enfin, Bar explique que l’agence de renseignement attache une grande importance à l’équilibre de ses responsabilités entre l’utilisation d’outils puissants et invasifs pour faire progresser la sécurité et son obligation de limiter son propre pouvoir afin d’éviter les abus. Au début du document, il écrit que sous sa direction, le Shin Bet a appliqué des critères soigneusement définis pour l’utilisation de ses pouvoirs et a constamment consulté des conseillers juridiques pour s’assurer que ces pouvoirs ne seraient pas utilisés à mauvais escient.

Ce point touche au cœur de la démocratie constitutionnelle et libérale : les restrictions volontaires et institutionnalisées de l’État sur son propre pouvoir au nom de la liberté de ses citoyens. Israël pourrait être en train d’assister à la chute des derniers principes résiduels de gouvernance démocratique.

Qui sera convaincu ?

L’une des principales faiblesses de la missive de Bar est ce qu’il ne peut pas dire. Le document public est complété par un document classifié de 31 pages, vraisemblablement plus détaillé, avec cinq annexes, a écrit Bar dans ses notes introductives. Il ne fait aucun doute que chaque camp politique en Israël - ceux qui soutiennent le gouvernement et ceux qui soutiennent Bar - évaluera la force des preuves secrètes en fonction de ses loyautés politiques préexistantes.
Zulat, un groupe de réflexion israélien qui défend les valeurs libérales ,  a déjà demandé au procureur général, a Amit Aisman et à la police d’ouvrir une enquête criminelle sur le premier ministre pour obstruction à la justice, abus de pouvoir et abus de confiance.. D’importantes manifestations ont eu lieu lundi contre Netanyahou.

La réponse du cabinet du Premier ministre, comme on pouvait s’y attendre, a été que les accusations de M. Bar étaient un “mensonge complet” ; Pendant ce temps, Channel 14 - la version israélienne de Newsmax - a publié un titre inversé scandaleux selon lequel le chef de l’agence avait “agi contre les instructions du Premier ministre, encore et encore”. Ce flash a également mis l’accent sur l’une des dernières lignes les plus importantes de la lettre : Bar écrit qu’il annoncera bientôt la date de sa démission. Channel 14 y voit certainement un aveu de culpabilité confirmant les accusations du premier ministre sur les échecs, voire les complots, de Bar.


Des manifestants portant des masques du ministre des Affaires stratégiques Ron Dermer et de Benjamin Netanyahou, devant une banderole indiquant que “le silence encourage le bourreau, jamais le tourmenté”.

Il n’y a pas plus de clarté sur ce que la Haute Cour pourrait faire. Le bureau de Netanyahou devrait publier sa propre déclaration sous serment dans le courant de la semaine, après quoi les juges pourront encore se prononcer sur les pétitions.

Pour la démocratie, il semble cependant qu’il n’y ait pas de bonne issue. L’ironie la plus grande est peut-être que le Shin Bet et Ronen Bar sont maintenant, par la force des choses, la cause célèbre du mouvement pro-démocratique. C’est ce même Shin Bet qui est responsable des violations les plus invasives et antidémocratiques de tous les droits humains et civils en vigueur lorsqu’il s’agit des Palestiniens et qui, parfois, espionne aussi les communautés arabo-palestiniennes en Israël [c’est nouveau : en général les Israéliens les appellent « Arabes israéliens ». Allez Dahlia, encore un effort et bientôt tu écriras : « les Palestiniens de 48», NdT]. Bar dans le rôle du noble défenseur de la bonne gouvernance et de l’État de droit, protecteur des libertés et des droits des citoyens, est déconcertant, voire étrange.
 
Mais sa situation actuelle sert de miroir à ce qui ne va pas en Israël aujourd’hui : les fondations minimales des institutions démocratiques s’effondrent, laissant tous ceux qui s’en soucient se démener pour sauver les bases, au lieu de se battre pour compléter les pièces qui étaient manifestement absentes jusqu’à présent.

21/04/2025

TEEMU RUSKOLA
Die Entstehung der chinesischen Arbeiterklasse

Teemu Ruskola, New Left Review, Nr. 151, Jan/Feb 2025
Übersetzt von Tlaxcala

Teemu Ruskola, geboren in Finnland, ist Professor für Rechtswissenschaften und Professor für ostasiatische Sprachen und Zivilisationen an der University of Pennsylvania (USA). Er ist Autor von „The Unmaking of the Chinese Working Class“, das 2026 bei Verso Books erscheinen soll; „Legal Orientalism: China, die Vereinigten Staaten und das moderne Recht (Harvard University Press 2013); Co-Autor von Schlesingers Comparative Law (Foundation Press 2009); und Co-Herausgeber, zusammen mit David Eng Shuang Shen, einer Sonderausgabe der Zeitschrift „Social Text“ zum Thema „China und der Mensch“ (2012).

Dieser Aufsatz stammt von Teemu Ruskola, "The Unmaking of the Chinese Working Class: The Global Limits of Capitalism", demnächst bei Verso


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Elnet, or the Zionist art of buying European consciences on the cheap


It’s called Elnet, short for European Leadership Network, not to be confused with ELN, short for the other European Leadership Network, a “respectable” think tank created in 2011 and based in London. Elnet is anything but respectable: it is an Israeli-Yankee war machine created in 2007 after the second Intifada to poison Western opinion with pure Zionist hasbara [propaganda]. Its core target: national and European MPs in EU. After October 7, 2023, Elnet organized 20 trips to Israel for 300 European and British MPs. But Elnet has also diversified its operations, organizing trips to the Promised Land for military personnel, industrialists, and leading intellectuals, including Bernard-Henri Lévy and Michel Onfray, not to mention the indescribable Swiss-Catalan Manuel Carlos Valls i Galfetti, as well as trips for Israeli officials to Europe. Among the parliamentarians, the organization casts a wide net, from conservatives to environmentalists, liberals to social democrats, and from Lithuanians to Portuguese, Hungarians, Romanians, French, Germans, Italians, and more. Below are documents on this enterprise of buying (at low prices) consciences. -Ayman El Hakim

 

Elnet, a pro-Israel agent of influence at the heart of French Parliament

Since 2017, this lobby has sent around a hundred members of parliament to Israel, all expenses paid. Its CEO claims to have done “more than [his] share” in the support of the “vast majority” of the French National Assembly and Senate for the Jewish state since 7 October.

Pauline GraulleMediapart, 29/12/2024
Translated by Tlaxcala

In the photos, they pose smiling in front of the Wailing Wall, looking focused in a meeting room at the Israeli Ministry of Foreign Affairs, or looking serious during a visit to a kibbutz attacked by Hamas on 7 October... Over the years, dozens of these images of French MPs and senators have appeared on the website of Elnet – which stands for ‘European Leadership Network’, an association well known to most parliamentarians who regularly receive emails inviting them to travel to Israel.

On paper, these trips, which are fully funded by Elnet - they cost €4,000 for four days, including hotel and air travel - are very attractive to elected representatives: they offer “high-level” meetings with intellectuals, ambassadors and Tsahal officers, as well as visits to the Knesset, the Yad Vashem memorial or military bases on the Palestinian border...


“Through your presence, you will contribute to strengthening the bilateral strategic relationship between two countries [...] that share the same values [and] have the same enemies”, wrote the organisation in the summer of 2021 in an email sent to thirty-four Macronist, Les Républicains (LR), centrist and Socialist MPs on the eve of their departure for the Hebrew State. During their trip, they were able to meet a former No. 2 in the Mossad to discuss the country’s security issues, and Benyamin Netanyahu, then leader of the opposition, who summed up the recipe for the “Israeli miracle” in one word: “capitalism”.

In March 2023, fifteen LR MPs travelled to Jerusalem to, among other things, listen to a police commander explain the video surveillance system in the Old City, which uses facial recognition, and watch with him the video of an attack committed a few weeks earlier by Palestinians. Two months earlier, as demonstrations against Netanyahu’s controversial reform of the justice system multiplied, it was the turn of the Macronist MPs to listen to a Likud MP assure them that the government would in no way undermine fundamental freedoms...

After 7 October, Elnet stepped up its action. Just eight days after the massacres committed by Hamas, the organisation sent ten LR and Renaissance MPs - as well as Manuel Valls, recently appointed Minister for Overseas Territories - to visit the Shurah military base south of Tel Aviv, where the bodies of 300 as yet unidentified victims lay, to meet hostage families and talk to survivors at Ichilov hospital. “As media attention turns to images of destruction in Gaza, it is even more critical for European decision-makers to see the reality on the ground from an Israeli perspective to help maintain the necessary support from key European allies”, commented Elnet after the trip.

In January 2024, as the death toll in Gaza approached 25,000, a delegation of 22 senators, including Francis Szpiner, Loïc Hervé and Françoise Gatel, ministers in the Barnier and Bayrou governments, also published an opinion piece on their return from their Elnet trip: “This trip has strengthened our attachment to Israeli society and our deep conviction that Israel [...] is in vanguard of a war of civilisation against barbarism”, they wrote.

A long lobbying work

Created in 2010, the French branch of Elnet - which also has branches in Belgium, the UK, Germany and Italy - has taken up residence just a few metres from the National Assembly on rue Saint-Dominique. A strategic location for the NGO, which claims to be “100%" funded by private contributions and has set itself the goal of “strengthening diplomatic, political and strategic dialogue between France and Israel”.

Behind this objective, Elnet finds it hard to hide its bias in favour of the extreme right-wing government led by Netanyahu. Even more so since the start of the war on Gaza, which several international organisations, such as Amnesty International, are now describing as “genocide”. “It’s a lobby that’s well established”, sums up Socialist senator Rachid Temal, author of a report published in July on foreign influences, who stresses that “the association, like all other lobbies, has the right to work to influence others as long as it declares itself as playing this role”.

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Very late regularisation by the HATVP

Despite the 2016 Sapin law on the fight against corruption, which requires lobbyists representing special interests to register as such with the Haute Autorité pour la transparence de la vie publique (HATVP – High Authority for Transparency in Public Life), it took Elnet eight years to register with the body.

This incongruity was not lost on UDI senator Nathalie Goulet who, during discussions on foreign influences at the Palais du Luxembourg this summer, noted that, “Some organisations that regularly invite MPs on trips [...] are not on the list of these lobbies, such as Elnet”.

Asked by Mediapart on November 21 about the reasons it had not yet declared itself to the HATVP, Elnet replied: “We did not feel that we fell into the category of lobbyist. To ensure that we were in compliance with the law, we met with the HATVP and agreed with its officials that we needed to declare ourselves as such. This is now underway”. Also contacted on this point, the HATVP indicated that it “could not tell [us] any more about it”. As luck would have it, Elnet finally appeared on the register... five days after we contacted them.

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On September 23, in an interview with the online medium Qualita, a channel aimed at French people who have emigrated to Israel, the president of Elnet-France, Arié Bensemhoun, openly congratulated himself on his organisation’s influence on the French political microcosm.

“I remain relatively optimistic about the ability to change the parameters of diplomatic discourse,” he said. “On the one hand, there is official diplomacy, and on the other, there is parliamentary diplomacy. I would remind you that the vast majority of the [French] parliament supports Israel [...] in its fight against Hamas and Hezbollah, and this is the result of decades of work by many people, and we have done more than our share.”

Indeed, since 2017, debates on the Israeli-Palestinian conflict have gradually changed in tone in a National Assembly that until then had taken a rather benevolent line on the Palestinian cause, in unison with the Quai d’Orsay [French Foreign Office]. Between the vote, in 2019, on a resolution to condemn any “antizionist” speech to automatically consider it antisemitic, 

“In 2022, the President of the France-Palestine group resigned after being deprived of the floor a debate on “apartheid” in Israel, and in 2023 the President of the National Assembly, Yaël Braun-Pivet, declared her “unconditional support” for the Hebrew State: it would be an understatement to say that the atmosphere has changed.

Could this be the hand of Elnet? In any case, the association has been hard at work lobbying French MPs in recent years. When questioned by Mediapart, the NGO said that it "does not keep the accounts”. However, if we are to believe the official statements made by MPs and senators - who are obliged to make public “any acceptance of an invitation to travel a legal or natural person from which they have benefited by virtue of their mandate” - 55 trips have been organised for MPs and 46 for senators since 2017.

In all, around one hundred members of parliament have travelled to Israel with Elnet, which has become by far the leading organisation for influencing the country via trips by members of parliament.

Aficionados in the Macron party and in the LR party

Some members of parliament have even become Elnet regulars. On the Macronist side, the Renaissance deputy for the French in Israel, Caroline Yadan, as well as her colleague from Hauts-de-Seine, Constance Le Grip, and the Minister for European Affairs, Benjamin Haddad [son of Jewish Tunisians, Transl. N.], have made several return visits. Fervent defenders of Israel’s “right to defend itself” since October 7, they all belong to the France-Israel Friendship Group and carry out a form of pro-Israel campaigning within the ranks of the presidential camp.

This is also the case for Aurore Bergé, former president of the France-Israel Friendship Group (from 2019 to 2023) and now Minister for Equality between Women and Men and for the Fight against Discriminations, who was one of the very first to take advantage of Elnet trips. In July 2018, just after she entered the Palais-Bourbon, the young MP for Yvelines was part an Elnet delegation of thirty-one parliamentarians who were welcomed for a discussion described as a “constructive” dialogue with Benyamin Netanyahu.

Since then, she went on at least two more trips with Elnet, and she describes the association as “useful in the fight against the scourge of anti-Semitism, especially at a time when it is resurfacing”. Her most recent trip was on October 7, 2024, to commemorate the deadly Hamas attacks, in the company of her colleagues Caroline Yadan and Sylvain Maillard. From the scene of the Nova festival massacre, they took the opportunity to defend a position aligned with that of the Ministry of Foreign Affairs on sending weapons to Israel.

Elnet also has several supporters on the right, including Loïc Hervé, vice-president of the French Senate (UDI), Meyer Habib, a “personal friend” of Netanyahu, as well as LR members Michèle Tabarot, Roger Karoutchi, Karl Olive - now close to Emmanuel Macron - and Pierre-Henri Dumont. The former chairman of the Assembly’s International Affairs Committee - who lost his post in 2024 – has never hesitated to act as an ambassador for the organisation: “It’s an honour to be part of the Elnet delegation,” he said recently in a well-calibrated message, duly relayed on social networks by the organisation.

On the other hand, a number of MPs do not take kindly to Elnet’s insistent solicitations. Ludovic Mendès, a Macronist MP, reports that he was approached by the CEO of Elnet-France two years ago at a dinner organised by Crif (the representative council of Jewish institutions in France). But “there’s no question of going anywhere with an organisation funded by who knows who and which promotes a religious or political line”, he assures Mediapart. “When I go to Israel, I also want to be able to go wherever I want, including to the Palestinian side”. A former member of parliament close to Gabriel Attal also says that she refused the NGO’s proposals: “I have ethics,” she says.

In the Socialist ranks former MP Valérie Rabault and MP Jérôme Guedj, both members of the France-Israel group at the French National Assembly, have also decided not to respond to Elnet’s requests, for fear of potential “interference”. David Habib, MP Liot (Liberté, indépendants, outre-mer et territoires) and former vice-president of the Palais-Bourbon in charge of ethics, has decided to put his cards on the table: he did indeed go on a trip with Elnet, but he paid all the expenses out of his own pocket.

Finally, there are the participants who accept the trips but say they are “not fooled” about their objectives. “Elnet is about soft power and is clearly not there to send a critical message about Israel. But these trips are still interesting”, says Macronist Mounir Belhamiti, a member of the National Assembly’s defence committee, who visited Israel once at the time of the military programming law, but refused go back after October 7.

A position shared by his colleague Christophe Marion, who has visited Israel twice with Elnet:

“It’s a bit like the trips to the USSR in the 1930s,” he smiles, “even though it gives us a better understanding of the complex situation in the region. I have no problem going as long I’m not asked to take a position afterwards.” However, the elected representative admits that he would probably ask himself more questions if the organisation offered him the chance to go back today.

Targeting the “far left”

Defining itself as a “think tank for strategic dialogue between France and Israel”, Elnet asserts that it is content to promote “democracy, freedom, justice and peace” in an “independent” and “apolitical” manner.

But politics are all that Arié Bensemhoun, the chairman of Elnet-France, talks about when it comes to politics. Whether on Radio J [Zionist radio station], where he has a regular column, or on CNews [far-right TV channel, owned by tycoon Vincent Bolloré], he is far from taking an “apolitical” view of the conflict in the Middle East.

The day after the judges of the International Criminal Court (ICC) decided to issue an international arrest warrant for the Israeli Prime Minister, he wrote on X: “The accusations made [...] are based on nothing, no evidence, apart from the false allegations of NGOs in the pay of the Islamists and terrorists of Hamas and the Palestinian Authority [...]. Like they did with the Nazis in the past, nations have bowed down to the Islamists who want to destroy our free and democratic societies”.

In mid-September, when UNICEF counted more than 43,000 deaths, including more than 14,100 children, in the Gaza Strip, Arié Bensemhoun also explained on Radio J that “the Palestinian civilians we are told are innocent are not all innocent. No one can imagine that the Nazis could have done everything they did without all or part of the people being complicit. The same applies to the Palestinians in Gaza”, said the man who has been denouncing “NGOs sold out to Hamas” for  past year.

In France, he also attacks “Islamists”,“left-wing extremists” and other “wokists”. The “far left” remains the favourite target of the former president of the Union of Jewish Students of France (UEJF) in Toulouse (Haute-Garonne), starting with La France insoumise (LFI) and its “anti-Jewish obsession”, which Arié Bensemhoun criticises time and again in his editorials. A few days ago, it was Dominique de Villepin who paid the price, as shown by this text published on the Elnet website, following statements made by the former Prime Minister.

On October 16, the head of Elnet-France also took the liberty of sending an open letter to the President of the National Assembly, “solemnly” calling on Yaël Braun-Pivet to “impose disciplinary sanctions” on Aymeric Caron, vice-president of the France-Israel Friendship Group.

According to him, the Insoumis MP plays “a cynical and leading role in legitimising hatred of Jews in our country” for having relayed “unsourced” videos of massacres in Gaza or comparing the Israeli army to the “Nazi monster”. According to our information, Yaël Braun-Pivet refused to receive the Elnet leader’s request. However, her entourage refused to let us read the letter.

Elnet in UK (click to read)





Paris, May 18-19, 2025, an event not to be missed