Milena Rampoldi, ProMosaik, 3/2/2021
“Julian Assange non è stato l'ultimo resistente e illuminista”
Milena Rampoldi: Professor Bauer, il suo saggio più recente intitolato “Totalitarismo mascherato. Biopolitica, Big Pharma, High Tech e Big Money” è una alquanto aspra critica al sistema. In questo saggio Lei analizza la pandemia, esprimendo la sua critica scientifica rivolta alle misure per arginare la diffusione del coronavirus. La domanda che vorrei rivolgerle è questa: Secondo Lei, cosa rappresentano le maschere di protezione contro il coronavirus e a che cosa fa riferimento il titolo del saggio “totalitarismo mascherato”?
Rudolph Bauer: Il titolo mette in luce la situazione attuale. Il coronavirus è - in senso figurato - la maschera dietro la quale si nasconde la smorfia del totalitarismo. Allo stesso tempo, quelle maschere che devono essere indossate per coprire bocca e naso sono un segno simbolico di schiavitù e sottomissione. È molto strano che il velo delle donne musulmane venga denunciato con arroganza, condannato e persino punito in alcuni paesi come segno di schiavitù e oppressione. Tuttavia, a causa di un virus e a causa dell'indebitamento del sistema sanitario pubblico, il mascheramento diventa una costrizione decretata dallo Stato. Chi non indossa la maschera viene punito. Anche i bambini vengono costretti a respirare attraverso le mascherine e a mantenere le distanze l'uno dall'altro. Il tutto viene giustificato dicendo loro che in questo modo vengono protetti dal virus. Il ché è piuttosto dubbioso!
Il Suo saggio è critico ma non è pessimista. Perché?
In questo saggio critico la fissazione esclusiva sul virus. Sostengo che qualcosa di completamente diverso e drammatico sta accadendo dietro lo sfondo di una pandemia gonfiata: vale a dire un enorme hub di crisi sociale, politica ed economica. Il primo segno dello sconvolgimento è stata la crisi bancaria del 2008. Strisciante, ma riconoscibile per l'osservatore critico, sta emergendo la fine della modalità di produzione imperante fino ad oggi, nota come modo di produzione neoliberale. Questo riesce sempre meno a garantire i consueti tassi di profitto.
I tassi di profitto ristagnano o diminuiscono. Ecco perché i portavoce del capitale vorrebbero promuovere - come affermano con un tono banalizzante - la quarta rivoluzione industriale per realizzare una svolta. La quarta rivoluzione industriale persegue l'obiettivo di elevare il modo di produzione capitalista ad un nuovo livello. Questa quarta rivoluzione industriale sembra iniziare ad emergere come un regime digitale e biotecnocratico associato a sovrastrutture finanziarie, un'ideologia transumanista di ottimizzazione dell'individuo e dell'umanità nel suo insieme. L'illusione del superuomo e del dominio del mondo sta riprendendo forma, a meno che non ci si opponga.
Sullo sfondo della pandemia, si cerca con tutte le forze di reindirizzare il tutto in un senso biopolitico, ovvero totalitario, tentando di attuare il tutto. Il vecchio capitalismo sta per morire. E una nuova forma di capitalismo sta cercando di ottenere il potere politico-economico per dominare il mondo. Tuttavia, lo sconvolgimento è anche un'opportunità strutturale unica per la grande maggioranza delle persone di prendere coscienza dei propri interessi, di interferire e di approfittare del fallimento dell'economia neoliberale come di un'opportunità per costruire nuove strutture sociali e politico-economiche in modo rivoluzionario nel senso di una democrazia autentica. Dove il Forum Economico Mondiale e il suo portavoce, il professor Klaus Schwab, parlano del Grande Reset della Quarta Rivoluzione Industriale, noi chiediamo la Quarta Rivoluzione Democratica, ovvero una rivoluzione con l'obiettivo del controllo democratico delle fabbriche da parte dei lavoratori, con l'obiettivo del controllo democratico dell'industria farmaceutica, dell'economia digitale, della finanza e delle banche. Se questo sconvolgimento democratico non si concretizza, siamo minacciati da un regime totalitario, che si sta già installando sotto lo schermo radar del controllo pandemico da parte dei potenti politici ed economici con i mezzi di controllo digitale e con misure di emergenza di natura politica e poliziesca, proprio recentemente approvate dalla Corte costituzionale tedesca come conformi alla Costituzione federale tedesca.
Si notano dei chiari punti comuni con gli avvenimenti degli anni 30 del secolo scorso in Germania. Quali sono i punti comuni ovvero i parallelismi principali?
Anche negli anni '20 e '30 l'umanità ha vissuto enormi sconvolgimenti; la parola chiave di quell'epoca era: inflazione e crisi economica mondiale. A quel tempo lo Stato tedesco governava con ordinanze di emergenza e sovvenzionava la grande industria senza intaccare comunque il sistema di proprietà capitalista. Stiamo vivendo la stessa cosa oggi, travestita da governance e sotto forma di miliardi di sussidi per i cosiddetti programmi futuri per la digitalizzazione in tutti i settori della vita e della società. Mentre nella Germania di Hitler la comunità nazionale ariana costituiva la base sociale di massa del nazionalismo razzista, oggi è la comunità igienica decretata dallo stato e seguita in maniera massiccia con le caratteristiche della maschera, del mantenimento della distanza e del certificato di “vaccinazione”. Mentre la classe di governo nazista, in una frenesia di potere nel 1933, realizzava un programma in cui praticavano la brutale eliminazione di tutti gli oppositori politici, i governanti sembrano essere un po' più cauti, più miti e più morbidi. Come allora, la magistratura si adegua alla classe reggente.
E perché oggi la situazione è diversa o come Lei la chiama più “morbida”?
Perché la ripetizione dell’uguale della barbarie fascista sarebbe troppo ovvia e metterebbe in moto una maggiore resistenza politica e sociale, maggiore di quanto non avvenga oggi. Esistono delle cosiddette lezioni collettive apprese dal fallimento della dittatura nazista e dalla punizione selettiva dei criminali nazisti dopo la fine della guerra. Ecco perché oggi non si bruciano più libri come lo si faceva nel 1933. E soprattutto c'è una cultura moralizzante del ricordo, che in superficie celebra un “Mai più!” E da tutto questo si trae una legittimazione apparentemente democratica. Ciò a sua volta giustifica misure totalitarie come divieti di manifestare e recinzioni di quarantena, censura arbitraria e brutali operazioni di polizia, restrizioni di viaggio e divieti professionali. L'attuale totalitarismo, comunque, è “morbido” solo in superficie. La rimozione del libro “Totalitarismo mascherato” da un programma editoriale tedesco mostra il vero volto di questo regime. I libri critici vengono semplicemente rimossi senza che questo susciti scalpore.
In quest'epoca io vedo due principali problemi di natura sociopolitica: la passività dell'individuo e la distruzione del tessuto sociale. Come riusciamo a rivoltare questa situazione nonostante la pandemia del coronavirus?
Gli aspetti che Lei chiama problemi fondamentali hanno delle cause più remote. La passività dell'individuo è il risultato di una paralisi collettiva, una psicosi di massa, innescata e alimentata dai media e sostenuta dal coronavirus e dai narrativi drammatici e dalle immagini drammatiche della malattia, della sofferenza e della morte che vengono attribuite a questo virus. Solo l’illuminismo (sensibilizzazione, informazione e educazione razionali) puo aiutare a superare la passività irrigidita degli individui. L'altro grande problema, la distruzione del tessuto sociale, non è un problema nuovo. Infatti, si tratta di un problema tipico di società come la nostra. La società, infatti, decade in una minoranza di proprietari dei mezzi di produzione e in una maggioranza priva di mezzi di produzione propri. Per sconvolgere questo deve agire la maggioranza. Ma per questo la maggioranza ha bisogno di un'utopia democratica, una visione che metta in discussione criticamente e superi il democratismo prevalente. Ci vuole un momento di liberazione che inneschi una valanga di tipo democratico. Non sappiamo se il coronavirus o le ordinanze di emergenza o le conseguenze dell'ingegneria genetica o dei singoli gruppi di resistenza scateneranno questa valanga o meno. Ed è bene che sia così. Infatti, i cambiamenti fondamentali hanno bisogno di un momento di sorpresa, al quale l’avvesario non sia preparato.
Nel suo saggio il medico tedesco Christian Fiala, ad esempio, propone che si dovrebbe iniziare a vivere in modo più analogico. Che ne pensa di questo? Oppure la digitalizzazione può essere utilizzata in modo positivo per avviare la quarta rivoluzione democratica, che secondo Lei è un'utopia realizzabile?
Secondo me quanto affermato dal Dr. Fiala va inteso come un appello ad una vita analogica nel senso di una liberazione della nostra esistenza - della nostra mente, del nostro corpo e delle nostre dimensioni spirituali - così come delle nostre interazioni e comunicazioni interpersonali - dalla disumanizzazione virologica della medicina animalizzante, delle restrizioni controllate dai media e dalla sorveglianza digitale totale. Queste dimensioni attualmente ci dominano, rendendo molte persone degli schiavi pseudo-liberi del consumo, dell'intrattenimento e della paura della morte. La digitalizzazione può essere utilizzata positivamente per avviare la quarta rivoluzione democratica? Senza dubbio: come strumento di educazione, informazione, networking, incoraggiamento reciproco, come segno dei nostri punti di forza. All'interno del sistema digitale cresceranno delle persone che si spollaieranno. Julian Assange non è stato l'ultimo resistente e illuminista. Saranno le persone come lui a vivere la felicità e le contraddizioni dell'utopia. Non dovremmo anticiparli.
Grazie, Professor Bauer, per le Sue risposte e per la sobria valutazione degli eventi attuali. La Sua visione del futuro è incoraggiante.
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