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19/01/2025

Copenaghen, 13 gennaio 2025: attentato terroristico contro difensori del popolo saharawi

L’attentato che ha devastato gli uffici della ONG danese Global Aktion a Copenaghen, lunedì 13 gennaio 2025, è un atto estremamente grave: per quanto di nostra conoscenza, è la prima volta che i sostenitori dell’occupazione marocchina del Sahara occidentale ricorrono a metodi di tale violenza sul territorio europeo. È l’inizio di una campagna organizzata che prende di mira i difensori del popolo saharawi in Europa e nel mondo? Possiamo temerlo. Nel frattempo, ecco le informazioni che abbiamo finora.-SOLIDMAR

Attaccata sede ONG in Danimarca per il lavoro con il popolo saharawi: “Non ci faranno tacere”

Francisco Carrión, El Independiente, 14/1/2025
Tradotto da Alba Canelli, Tlaxcala

“Il Sahara appartiene al Marocco” o “Smettete di sostenere il terrorismo”. Si tratta dei graffiti lasciati dall’attacco alla sede della ONG danese Global Aktion a Copenaghen, impegnata a sostenere il popolo saharawi e a denunciare l’occupazione marocchina dell’ex colonia spagnola. La direzione della ONG ha denunciato "un attacco senza precedenti" sul suolo danese.

"Si tratta di un’escalation senza precedenti di un conflitto politico, che utilizza metodi che non vedevamo in Danimarca da decenni", ha affermato Morten Nielsen, responsabile delle politiche e delle campagne di Global Aktion. L’ufficio della ONG è stato attaccato nelle prime ore di lunedì mattina e completamente bruciato. "È altamente probabile che una bomba incendiaria sia stata lanciata attraverso una finestra, bruciando e danneggiando tutte le nostre proprietà", ha affermato il gruppo in una nota.

"Un tentativo di fermare il nostro lavoro"

Secondo i funzionari, "il messaggio era inequivocabile". "Consideriamo questo un chiaro tentativo di fermare il nostro lavoro per i diritti umani, la libertà e l’opposizione alla brutale occupazione del Sahara Occidentale da parte del Marocco", affermano. Sui suoi social media, la ONG assicura che l’attacco "non li metterà a tacere". "Sosteniamo le loro richieste di indipendenza e decolonizzazione. Ma siamo profondamente scioccati da quanto accaduto ieri sera. Non avremmo mai immaginato che qualcuno potesse intensificare gli attacchi contro di noi al punto da mettere in pericolo le nostre vite. "Questo è del tutto inaccettabile e speriamo che la questione venga risolta definitivamente", ammettono.

Global Aktion sottolinea che gli autori non riusciranno a "indebolire il movimento globale di solidarietà per il Sahara Occidentale". “Questo non fa che sottolineare l’importanza di restare uniti. Un esempio di ciò che i nostri compagni nel Sahara Occidentale sperimentano quotidianamente. L’attacco alla nostra organizzazione ci costringe a riconsiderare il modo in cui condurremo il nostro lavoro politico in futuro, per garantire la sicurezza dei nostri attivisti. Allo stesso tempo, sottolinea l’urgente necessità della nostra voce e della nostra forte solidarietà con la lotta del popolo saharawi contro l’occupazione".

“Il fuoco e il fumo non ci faranno tacere. I nostri pensieri e la nostra solidarietà sono rivolti alla popolazione del Sahara Occidentale occupato e ai campi profughi che, da 50 anni, lottano ogni giorno per i diritti umani, la giustizia e la decolonizzazione. "Ciò che stiamo vivendo oggi non può essere paragonato all’oppressione che il popolo del Sahara Occidentale subisce da 50 anni", affermano.

La ONG denuncia inoltre la collusione dei paesi dell’Unione Europea con il Marocco in una situazione segnata dall’annullamento da parte della Corte di giustizia dell’UE degli accordi agricoli e di pesca tra Bruxelles e Rabat per aver ignorato i diritti del popolo saharawi.

Il Polisario accusa il Marocco

Il Fronte Polisario ha condannato "l’atroce attacco che ha preso di mira gli uffici della Global Aktion in Danimarca, dove le fiamme hanno avvolto la sua sede e vili graffiti hanno contaminato i suoi locali con messaggi che incitano all’odio contro il popolo saharawi, il che rappresenta un attacco diretto ai valori di giustizia", libertà e solidarietà internazionale." Attraverso la sua rappresentanza a Bruxelles, il Polisario ritiene che questo sia un "tentativo deliberato di mettere a tacere le voci di coloro che osano contestare l’occupazione illegale del Sahara Occidentale da parte del Marocco e denunciare le sue flagranti violazioni dei diritti umani, un contesto più ampio della sistematica campagna del Marocco per reprimere il dissenso ed eliminare ogni forma di resistenza alle sue ambizioni coloniali."

“Nei territori occupati del Sahara Occidentale, il regime marocchino ha adottato misure brutali per decenni, tra cui l’uccisione di civili saharawi, arresti arbitrari, sparizioni forzate e torture di difensori dei diritti umani. Questi metodi di repressione sono stati ora estesi per colpire i movimenti di solidarietà internazionale, poiché il Marocco cerca di esportare la sua campagna di intimidazione e violenza oltre i confini del Sahara occidentale", deplorano.

"L’attacco incendiario contro Global Aktion è un duro promemoria di quanto il Marocco sia disposto a spingersi per mantenere la sua occupazione illegale e soffocare il crescente sostegno globale alla causa saharawi. Questo atto criminale è emblematico di un regime che ha costantemente dimostrato il suo disprezzo per il diritto internazionale e i diritti umani, incoraggiato dal silenzio e dalla complicità di alcuni potenti attori sulla scena mondiale", concludono.



Asria Mohamed dopo l’attentato di Copenaghen: “Questo attacco è la prova che il nostro lavoro è importante”

Héctor Bukhari Santorum, Nueva Révolución,  15/01/2025
Tradotto da Alba CanelliTlaxcala

L’attacco agli uffici della Global Aktion a Copenaghen non è stato semplicemente un atto vandalico, ma un attacco deliberato a coloro che difendono la libertà e i diritti umani del popolo Saharawi. Oltre alla distruzione dei locali della Global Aktion, l’attacco ha preso di mira direttamente anche la delegazione del Fronte Polisario in Danimarca, legittimo rappresentante del popolo del Sahara Occidentale.

"Non si tratta di un altro attacco", hanno affermato gli attivisti dopo l’incidente. Si tratta di un attacco diretto all’unico rappresentante del popolo saharawi, il Fronte Polisario, che condivide l’edificio con Global Aktion. Ciò dimostra fino a che punto i nemici dell’autodeterminazione sono disposti ad arrivare per mettere a tacere la nostra lotta.

Dopo l’attacco, l’attivista saharawi Asria Mohamed Taleb ha pubblicato un messaggio pieno di indignazione. "L’attacco di ieri non è stato solo un attacco a un ufficio, è stato un attacco ai principi che rappresentiamo: diritti umani, libertà e giustizia per il popolo del Sahara Occidentale. "Questo attacco è la prova che il vostro lavoro è importante, che è visibile e che mette a disagio i nostri nemici", ha detto Mohamed.

Nel suo discorso, l’attivista ha ricordato i 50 anni di occupazione marocchina, segnati da oppressione e sistematiche violazioni dei diritti umani, e ha sottolineato come il lavoro di organizzazioni come Global Aktion abbia permesso alla causa saharawi di "raggiungere un pubblico internazionale".

La più grande mobilitazione pro-sahrawi nella storia della Danimarca

In seguito all’attacco, la Danimarca ha visto una mobilitazione senza precedenti. Ieri, martedì 14 gennaio, si è svolta la più grande manifestazione pro-Sahara Occidentale mai registrata nel Paese.

Centinaia di persone hanno riempito le strade scandendo messaggi come "L’occupazione deve finire", rendendo chiaro che la lotta per l’autodeterminazione nel Sahara Occidentale non è isolata.

“Quando i governi danno priorità ai propri interessi politici rispetto al rispetto del diritto internazionale, è la società civile che deve far sentire la propria voce”, ha sottolineato Asria Mohamed. Questo evento di grandi dimensioni non solo ha dimostrato solidarietà, ma ha anche dimostrato che il messaggio sta guadagnando terreno nell’opinione pubblica.

Nonostante i tentativi di intimidazione, la recente mobilitazione è un segno che la causa saharawi è più viva che mai. “Oggi più che mai la nostra voce risuona forte. "Non ci arrenderemo", ha concluso Asria Mohamed.

https://globalaktion.dk

NdlT
In seguito all'attacco, la polizia ha arrestato due membri di una banda criminale del quartiere di Nørrebro, dichiarata illegale dai tribunali danesi nel 2018. Chiamata Loyal to Familia, la banda era stata creata nel 2013 da Shuaib Khan - poi condannato a 8 anni di carcere per omicidio - ed è stata una delle protagoniste della guerra tra bande [per il controllo del traffico di droga] che ha insanguinato le strade di Copenaghen nel 2017. I suoi membri, che erano saliti a 225 nel 2018, sono scesi a circa 100 nel 2021. Dopo l'incarcerazione di Khan, due fratelli marocchini di Nørrebro, coinvolti in una lunga serie di atti criminali, hanno cercato di prendere il comando della banda: Abderrazak e Abdessamad Benarabe. Il primo, soprannominato “Big A”, è balzato agli onori della cronaca danese per aver combattuto, tra l'altro, nelle file del gruppo jihadista Ahrar El Sham a Idlib, in Siria. Non sappiamo quali siano state le loro azioni recenti.

GIDEON LEVY
“Il n’y a pas d’innocents à Gaza” : Réflexion sur la première guerre fasciste d’Israël

Gideon Levy, Haaretz  , 19/1/2025
Traduit par Fausto GiudiceTlaxcala

La guerre qui est censée se terminer dimanche entrera dans l’histoire comme la première guerre kahaniste*. Elle est fondamentalement différente de toutes les guerres précédentes d’Israël.

Amos Biderman, Haaretz, février 2022

La seule guerre qui lui ressemble est celle de 1948, qui a provoqué la Nakba, mais les motivations de cette guerre étaient différentes. Il s’agissait d’une guerre visant à établir un État juif ; il s’agit ici d’une guerre visant à établir un État fasciste. [cherchez la différence, NdT]

L’État kahaniste s'est érigé en Israël. La mollesse criminelle de Benjamin Netanyahou l’a rendu possible. Ce ne sont pas seulement les partis néo-nazis qui en sont responsables : c’est surtout le Likoud, le parti du Premier ministre, qui a porté le kahanisme au pouvoir.

Le changement profond qui s’est produit en Israël est parfaitement illustré par la guerre de Gaza. Presque tout dans cette guerre visait à apaiser l’extrême droite fasciste, raciste et favorable au transfert de population, et l’esprit du kahanisme a pris le contrôle de ses objectifs et de sa conduite. Ce n’était pas seulement l’ampleur de la cruauté de l’armée, c’était surtout la façon dont la cruauté était transformée en valeur dans la société israélienne dans son ensemble, en une opportunité, un atout, un miracle. La cruauté comme une chose dont on peut être fier, à laquelle on peut aspirer, dont on peut se vanter et dont on peut faire étalage.

Lors de ses précédentes guerres, Israël a également commis des actes odieux. Parfois, il a tenté de les nier, de les dissimuler et de mentir, parfois même il les a admis et en a eu honte. Pas cette fois-ci.

Cette fois-ci, le porte-parole des FDI présente fièrement l’ampleur des destructions et des tueries, les brandissant comme des exploits pour plaire à la droite kahaniste, qui est devenue le courant dominant.

Israël est devenu un État qui aspire à tuer et à détruire des Arabes uniquement pour tuer et détruire des Arabes. Ce n’était pas le cas auparavant, et il n’en était certainement pas fier. Il s’agit d’un changement profond, dont nous aurons du mal à nous défaire. Il laisse présager un avenir des plus sombres.

Lorsque Meir Kahane est apparu, il a amené avec lui un parti néo-nazi créé en Israël qui considérait les Arabes comme des chiens, dans le meilleur des cas. Israël a reculé devant lui. L’éthique du Mapai, qui consiste à « tirer et pleurer », prévalait encore ici, à côté de l’impartialité du Likoud. Menahem Begin, ainsi que le premier gouvernement Netanyahou, l’ont préservée. L’effondrement a commencé avec le deuxième gouvernement Netanyahou et a atteint son apogée dans le gouvernement actuel. De tous ses crimes, celui-ci est le plus grand et le plus impardonnable. Dans un premier temps, le fascisme a été légitimé et blanchi.

Des voix qui n’avaient jamais été considérées comme légitimes ont infiltré la politique et les médias. Bientôt, elles n’étaient plus seulement légitimes, elles étaient la voix des masses israéliennes, mais aussi celle du gouvernement et de l’armée. À la radio et à la télévision, les gens disaient « Il n’y a pas d’innocents à Gaza » et parlaient du droit et du devoir (heureux) de tuer tout le monde, avec la même aisance qu’ils discutaient du temps qu’il fait.

Desjournalistes chevronnés ont révélé les opinions qu’ils avaient cachées lorsqu’ils ont réalisé qu’elles étaient non seulement permises, mais aussi bénéfiques pour eux. D’Amit Segal et Zvi Yehezkeli à Almog Boker, des fascistes sont nés. Un tel discours n’existait tout simplement pas en Israël auparavant et n’a sa place dans aucune démocratie. Pendant ce temps, les voix anti-guerre ont été réduites au silence ; même la compassion et l’humanité ont été interdites. La prise de contrôle de la conversation publique était achevée.

Pendant les longs mois de la guerre, le kahanisme est devenu la voix dominante d’Israël et de son armée. Il n’y a plus de différence entre les commandants issus du sol pourri des colonies et leurs homologues du « bel » Israël : tous faisaient tout dans l’esprit de Kahane, sans exception et sans dissidents. Le but était de plaire à Bezalel Smotrich et Itamar Ben-Gvir. Il suffit de leur donner la quantité infinie de sang qu’ils réclament.

Un accord sur les otages a été reporté pendant des mois, Gaza a été complètement détruite, des zones entières ont été nettoyées et des dizaines de milliers de personnes ont été tuées, tout cela pour satisfaire l’esprit de Kahane et de ses représentants terrestres au sein du cabinet.

Il est ironique que la première guerre de Kahane se termine maintenant avec le retrait de la coalition gouvernementale d’Otzma Yehudit, dont le chef a déjà promis de revenir lorsque le génocide reprendra. Mais le bouleversement est terminé, il n’y a plus besoin de Ben-Gvir et de ses semblables. Netanyahou et le Likoud sont suffisamment kahanistes pour continuer à poursuivre la vision de Kahane ; il n’y a même plus besoin de gribouiller « Kahane avait raison » sur les murs.

NdT

*Meir Kahane (1932-1990) : rabbin fasciste de Brooklyn, fondateur de la Ligue de défense juive puis du parti Kach, interdit en 1994 en Israël pour « terrorisme et racisme ». Ben-Gvir et Smotrich sont ses disciples.


TIGRILLO L. ANUDO
“Las cuchas tienen razón”: Lenguaje popular en la lucha cultural en Colombia

Tigrillo L. Anudo, 19-1-2025


Autor amazonense sin fronteras, bolivarista, martista, mariateguista, gaitanista y un poquito zapatista.

 

“Las cuchas* tienen razón” gritan los murales en defensa de la memoria histórica en Medellín, Pasto, Bogotá, Neiva. Próximamente en Cali, Manizales, Bucaramanga, Barranquilla y otras ciudades. La lucha cultural que vive el país involucra los lenguajes escrito y hablado, los de las imágenes, los símbolos, las caricaturas, los grafitis, las pintas, los pasacalles, las pancartas, las artes, los murales. Y lo hacen con creatividad, poéticamente, musicalmente, lúcidamente.


Son lenguajes con mensajes directos, sencillos, coloquiales. No necesitan análisis hermenéuticos ni semióticos. Son mensajes políticos, filosóficos, sociológicos. Colombia se politizó, todos hablamos de política todos los días, con engaños, con verdades, con ideología, con objetividad, con posturas críticas. Pero se habla. El pueblo habla como siente y piensa, con sus jergas, sus estilos, códigos, rabias y frustraciones.

La lucha cultural de la última semana se centró en la reivindicación de la memoria histórica. La oposición negacionista quiere tapar con escombros y pinturas las oprobiosas masacres y desapariciones no sólo de La Escombrera sino de otros lugares del territorio nacional.

Colombia necesita que la libertad de expresión sea costumbre porque ella hará que la dignidad también se vuelva costumbre. Necesitamos levantar a todos nuestros muertos con violencia, sean quienes sean; que sus huesos vuelvan a ser calentados por el sol, que sus ojos se paseen de nuevo en los ojos de sus seres queridos.

Colombia es una telaraña de fosas comunes cruzadas por ríos, represas, selvas, ciudades. Somos el país que las volvió paisaje. Habitamos la nación que revivió las prácticas de los hornos crematorios clandestinos.

Colombia es un inmenso diván clamando la sanación de las almas víctimas, implorando la verdad completa, exigiendo la reparación. Estamos llenos de conceptos, pero no de verdades.

En el año y medio que resta del gobierno de Gustavo Petro se pueden radicalizar los reclamos por la memoria histórica, por la verdad, la justicia y la reparación. Igualmente, radicalizar la solicitud de juicio y castigo para los funcionarios corruptos que robaron los recursos de la salud, la conectividad, la alimentación escolar, la educación, los alcantarillados, los acueductos, las vías 4 y 5G. También exigir resultados en las investigaciones a los comprometidos en la conformación de grupos paramilitares. Que la verdad histórica nos grite desde el amanecer hasta el anochecer.
 
Sin justicia no hay país digno. Sin justicia no hay cambio. Sin justicia no hay progreso. La población trabajadora está cargando no sólo con altos costos tributarios por vivir, sino con el sostenimiento de una casta burocrática corrupta que roba $50 billones al año. La impunidad nos hace un Estado fallido.

La violencia económica institucional está estructurada para castigar a los que menos ingresos tienen y favorecer a los de mayores ingresos. La economía nacional rentística se sostiene en los hombros de la clase trabajadora y gran parte de la clase media que también es trabajadora.

El gobierno podría intentar de nuevo reducir las tarifas de los servicios públicos, buscar medidas para eliminar los peajes-pillajes-fotomultas, reducir el 4 x 1.000, revisar el IVA que encarece los arriendos, regular los costos notariales, controlar precios de medicamentos, replantear tasa aeroportuarias - tarifas de impuestos prediales – Industria y Comercio, analizar la inutilidad de las cámaras de comercio.   

Al país se lo está devorando el narcotráfico y no reaccionamos. Van 4 masacres en los primeros días de enero, todas relacionadas con el polvo blanco. Varios departamentos están tomados por carteles de la droga, asesinan civiles todos los días, desplazan comunidades, matan soldados y policías, también firmantes de paz. El Estado está perdiendo esa guerra. Las reformas sociales se debilitan.

El gobierno nacional puede declarar un estado de emergencia para solicitar en un foro internacional la legalización de las drogas ilícitas. La sociedad civil puede ser convocada para que acompañe dicho proceso. Que se convierta en otra exigencia de la sociedad. Poner el dedo en la llaga, convertir tal objetivo en política de Estado. Para frenar el desangre, para pacificar las regiones, para conservar recursos que necesitan los más golpeados. Para neutralizar el discurso de la oposición oportunista, de que a Colombia se la tomaron los criminales por falta de “seguridad democrática”.

Las reformas sociales pueden tener un nuevo envión con todo el vigor que ameritan. De tal modo que, de no lograrse, le quede claro a la sociedad colombiana que la oposición y los dueños históricos del poder -gobernantes durante 200 años- no permiten el bienestar general, quieren volver para usurpar y usufructuarlo todo. Que le quede claro al pueblo que no es posible un cambio significativo que alivie las cargas económicas sin la elección de un nuevo gobierno progresista, con mayorías en Cámara y Senado de La República.

*Cuchas: este término popular colombiano tiene varios sentidos pero aquí, designa las mujeres buscando sus hijos victimas de desaparición forzada por los grupos paramilitares en La Escombrera, en Medellín, entre otros [NdE] Ver todos los sentidos aquí