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08/08/2022

5 domande a Kadda Benkhira, poeta algerino

Milena Rampoldi e Fausto Giudice, 4/8/2022
Tradotto da Silvana Fioresi

Original : 5 questions à Kadda Benkhira, poète algérien
Español: 5 preguntas a Kadda Benkhira, poeta argelino

Abbiamo pubblicato Humeurs/Umori, una raccolta bilingue (francese/italiano) di poesie di Kadda Benkhira, poeta algerino che si è prestato gentilmente a rispondere ad alcune nostre domande.


Come sei diventato poeta?

Credo che il mio gusto per la poesia abbia iniziato alle elementari. Il maestro, per familiarizzarci con il francese, ci dava spesso delle poesie da imparare a memoria e recitare il giorno dopo davanti alla classe. Ma non è solo la recitazione. Mi ero anche abituato a frequentare tutti i weekend un grande souk dove non si trovavano solo dei generi alimentari, ma anche dei suonatori di flauto incantatori di serpenti, dei cantanti… A me, quello che mi interessava in quel luogo così vivo, erano soprattutto quelle persone che raccontavano tante storie diverse in modo molto avvincente, che riuscivano anche a recitare delle poesie nella loro lingua popolare pura… più tardi, mi sono messo ad ascoltare della poesia classica araba e a leggere in francese tutte le raccolte di poesie che trovavo… Ecco come sono diventato poeta.

Il fatto di scrivere in francese- “un bottino di guerra” secondo Kateb Yacine –non riduce forse la portata delle tue poesie in Algeria?

Certo che riduce la portata delle mie poesie in Algeria, ma vorrei dire che questo “bottino di guerra”, qualunque sia la sua importanza, finirà pure con lo scomparire. D’altra parte, non passa giorno senza che la lingua dei miei avi guadagni, a poco a poco, parte del terreno che le è stato confiscato. Riprenderà lentamente tutto il posto che le spetta, in modo del tutto naturale. E cosa c’è di più bello, di più nobile, di più naturale per un popolo che ritrovare la propria lingua?!...

Nella costituzione algerina l’arabo, fin dall’indipendenza, è stato decretato la lingua nazionale e ufficiale. Il francese, è piuttosto considerato come una lingua straniera.

Non dobbiamo dimenticare che la barbarie coloniale francese è rimasta per ben 132 anni in Algeria. Non possiamo semplicemente togliere questa lingua dalla nostra patria come faremmo con un vecchio chiodo da un’asse, ci vuole tempo e molta pazienza…

Oggi i giovani e le giovani algerini/e, una volta diventati maggiorenni, preferiscono di gran lunga l’inglese al francese.

Tra l’altro, al prossimo rientro scolastico, il governo ha deciso di iniziare l’apprendimento dell’inglese fin dalla scuola primaria… “Se il francese, ha detto il presidente, è un bottino di guerra, l’inglese è una lingua internazionale”. È chiarissimo…

Ho anche notato che i giovani iniziano a interessarsi seriamente ad altre lingue come lo spagnolo, l’italiano, il turco…

Da parte mia, continuerò a utilizzare il francese che è (come tutte le altre lingue) un mezzo di comunicazione. E sono certo che le mie poesie saranno tradotte in arabo. Così ritroverò i lettori che il “bottino di guerra” mi ha fatto perdere…

Ecco, vedi, uno scrittore (o un poeta), anche se la sua patria non è mai stata colonizzata, la sua lingua può farlo conoscere solo nel suo paese. Se vuole oltrepassare i confini, se vuole diventare famoso, deve assolutamente rivolgersi a questa onorabilissima signora chiamata: TRADUZIONE…

È presente oggi in Algeria una “scena poetica”, degli scambi culturali, degli incontri tra poeti e intorno alla poesia?

Certo! Ci sono sempre più spazi destinati alla poesia. E devo dire che è proprio la poesia araba ad avere la parte del leone.  Credo che sia normale. In tutti i paesi del mondo è la lingua del popolo ad essere la più sollecitata…

132 anni di colonialismo barbaro non sono riusciti a cancellare questa lingua. Sicuramente perché trae la sua forza dal Corano…

Si’ ! La poesia araba rimane il genere adottato dalla maggior parte degli scrittori, grazie a numerose pubblicazioni (raccolte poetiche, giornali, riviste…).

È quello che dicono gli esperti.

Più in generale, che posto occupa la poesia nell’Algeria di oggi?

Un posto d’onore. E parlo qui di tutta la poesia: araba, amazigh e francofona…

Quale può e deve essere il ruolo del poeta nella società?

Il ruolo del poeta, nel mondo intero, deve essere pieno di nobiltà e di umanità. Sempre pronto a denunciare tutto quello che non va sulla terra! Tutto quello che fa male all’umanità! E non solo! Deve anche difendere la fauna e la flora!...

Purtroppo, non tutti i poeti sono nobili e umani. 

Alcuni hanno talmente sfinito la loro lingua in cose rugose e malsane che non riescono più a tenerla in bocca.

 

AVI BAR-ELI
Le seul résultat prévisible de l'opération de Gaza : un budget militaire israélien plus important

 Avi Bar-Eli, Haaretz, 8/8/2022
Traduit par Fausto Giudice, Tlaxcala 

Lorsqu'un système politique instable est confronté à une menace grave pour la sécurité, le résultat immédiat est généralement un chèque en blanc pour l'establishment de la défense.

Des chars israéliens se rassemblent à la frontière de la bande de Gaza le 4 août 2022. Photo : Eliyahu Hershkovitz

Il n'est pas du tout clair que les événements militaires dans la bande de Gaza constituent une "opération". On ne sait pas pourquoi une opération a été annoncée, on ne sait pas quels sont ses objectifs, on ne sait pas qui a lancé la campagne, et le public n'a été informé d'aucun élément déclencheur qui justifierait une guerre.

En outre, aucune préparation inhabituelle n'a été constatée au sein des forces terrestres, il n'y a pas eu d'appel significatif aux réservistes et le message qu'Israël envoie est qu'il recherche le calme, pas l'escalade.

En d'autres termes, il ne s'agit pas d'une nouvelle guerre comme celles de mai 2021 ou de l'été 2014. Et tant que le Hamas reste à l'écart de la flambée sécuritaire du jour à Gaza, cela peut rester un incident limité - le genre qui n'a pas de conséquences budgétaires, le genre que l'armée est censée financer sur son budget ordinaire, même si pour une raison quelconque, elle a qualifié l'incident d'"opération".

Si le Hamas décide de se joindre aux combats, le tableau serait clairement différent. Mais pour l'instant, cette guerre ne semble pas impliquer 100 à 200 interceptions du Dôme de fer par jour ou la dépense de 200 millions de shekels (58 millions €) pour des milliers d'heures de vol, des armements et des paiements aux réservistes.

Dans ce contexte, le système politique a également adopté une position d'attente pour le moment. Le parti travailliste et le Likoud doivent tenir des primaires cette semaine, mais n'ont pas encore annoncé de changement de plan - ils attendent de voir ce qui se passe.

Mais s'il est prématuré de dire quoi que ce soit de précis sur les tactiques militaires ou politiques, peut-on déjà conclure quelque chose sur ce qui s'est passé dans la bande de Gaza depuis vendredi ? L'expérience passée montre que lorsqu'un système politique instable est confronté à une menace aiguë pour la sécurité, le résultat immédiat est généralement un chèque en blanc pour l'establishment de la défense, puisque « nous ne marchandons pas la sécurité ».

En d'autres termes, il n'y a pas de meilleur moment que celui d'aujourd'hui, avec un gouvernement intérimaire - ou avec un premier ministre qui a été élu peu après une opération militaire, comme ce sera le cas pour celui qui sera élu en novembre - pour soumettre des demandes budgétaires liées à la défense. En effet, dans ces circonstances, il n'y a aucune somme d'argent qu'un nouveau premier ministre n'acceptera pas de payer pour se protéger un peu des menaces extérieures jusqu'à ce qu'il parvienne à stabiliser sa situation intérieure.