Sergio Ferrari, La
Pluma, 13/10/2022
Tradotto da Fausto Giudice, Tlaxcala
Posso abbracciarvi forte? Con parole
spezzate dall'emozione, Milena, una ragazza di 18 anni dai capelli tinti di
rosso punk, si è avvicinata ai tre ex prigionieri politici del carcere di
Coronda (Santa Fe, Argentina, anni settanta). Le sue radici messicane e la sua
identità svizzera italiana hanno reso l'abbraccio quasi senza fine.
Lacrime giovanili
Sono trascorsi appena 120 minuti di
scambio presso la Scuola Commerciale della città di Bellinzona, capoluogo del
Canton Ticino, l'unico della Svizzera dove l'italiano è lingua maggioritaria e
ufficiale. Tre ex detenuti argentini, tutti intorno ai settanta, con un
centinaio di giovani di non più di 18 anni e una decina di professori appena un
po' più grandi dei loro studenti.
Era il 15 settembre, prima presentazione
pubblica di Grand
Hotel Coronda, versione italiana di Del otro lado de la mirilla, un libro anonimo, collettivo, scritto da
settanta ex prigionieri politici argentini, e ora pubblicato dalla prestigiosa
casa editrice romana Albatros.
E nella bella sala conferenze della
scuola ticinese non volò una mosca. Non ci sono stati Whatsapp fastidiosi o
sguardi da dietro le quinte sui cellulari, come spesso accade quando la noia si
impone all'interesse.
È possibile avvicinare generazioni
separate da più di cinquant' anni? Possiamo immaginare che il cittadino comune
europeo si interessi oggi a fatti vissuti mezzo secolo fa in un paese
latinoamericano a più di 10 mila chilometri? Con queste domande esistenziali, i
corondaes - come si autodefiniscono quelli che passarono per le segrete
della dittatura argentina in quella città santafesina – partirono per un
periplo sconosciuto portando con sé, con odore di inchiostro fresco e pelle di
cartone, il nuovo figlio appena nato.
L'emozione si impose. La forza del
racconto sulla brutalità repressiva ha irrigato in quell' anfiteatro svizzero
un dialogo quasi sublime: gli studenti hanno bombardato gli “esponenti” con un
interrogatorio tanto fine quanto pertinente. “Come capire che la lotta per la
democrazia e per un paese più giusto possa portare giovani della nostra stessa
età a situazioni limite come quelle vissute nel carcere di Coronda, così come
in tanti altri centri di detenzione argentini e latinoamericani? Perché vi
hanno arrestati? Avete pensato molto alla possibilità di morire proprio lì? Che
cosa avete fatto il primo giorno di libertà?”. Intercalata, qualche riflessione
che non si aspettava risposta: “Ci commuove che veniate a condividere tutto ciò
che per noi è così sconosciuto, ma che è così vitale per qualsiasi società
umana”.
Un team della televisione pubblica svizzera
italiana ha coperto le due ore di interscambio. Era la Giornata Internazionale della
Democrazia: l'occasione ideale per un servizio speciale. Il reportage di
quattro minuti trasmesso sul telegiornale quello stesso pomeriggio è stato sconvolgente
:
Il servizio inizia alle 16:07
Il microfono è stato aperto sia ai vecchi
corondaes che ai giovani studenti. La telecamera si è concentrata anche
su Barbara, l'insegnante che ha organizzato l'incontro, e si sono sentite le
sue parole finali: “A nome della nostra scuola e dei nostri studenti, vogliamo
ringraziarli per averci dedicato il vostro tempo e, soprattutto, per aver
condiviso un pezzo della vostra vita con noi. Il vostro racconto ci ha aperto
una pagina di storia dolorosa, ma ci ha anche mostrato quanto sia importante
credere in un progetto per il quale bisogna lottare in questa Giornata
Internazionale della Democrazia, quanto sia importante affrontare tutti coloro
che vogliono distruggere queste idee e i diritti essenziali che le danno senso
e la fondano”.
Correre per non dimenticare
“Corsa a staffetta tra le generazioni
argentine e latinoamericane che continuano a passarsi il testimone della
memoria”, hanno sostenuto gli anziani ex prigionieri, solo poche ore dopo, ora
nelle strutture della Casa del Popolo, sede di sindacati e organizzazioni
sociali. Ma lo stesso scenario: una nuova ondata di gente che ascoltava
attentamente, con emozione contenuta. “Il vostro periscopio (una minuscola
invenzione artigianale), che vi ha permesso di controllare le guardie di
Coronda, è anche una sorta di specchio della nostra anima solidale sotto queste
latitudini. Riflette i dolori, ma anche la forza della resistenza umana per
sopravvivere ed esistere”, riflette Denise, una giovane donna con capacità
diverse, dalla sua sedia a rotelle e con una voce appena udibile. Le sue parole
con accento europeo e dalla sua stessa anima sofferente giunsero come una
carezza al cuore.
I 60 esemplari di Grand Hotel Coronda
previsti per le prossime quattro presentazioni sono evaporati in pochi secondi
appena terminata la prima attività pubblica. Tutto esplode. Tutto commuove. La
storia dell'Argentina galleggia. E i vecchi corondaes insieme a lei.
Alla testimonianza a Bellinzona seguirono
Biasca, Lugano e la Biblioteca Popolare LaFilanda di Mendrisio, città nel sud
elvetico, quasi a sfiorare il confine italiano.